18 apr 2019

 

Robinson Crusoe. Il libro di Daniel Defoe compie trecento anni

Daniel Defoe e Robinson Crusoe: analisi di un capolavoro  della letteratura mondiale


Si può dire che uno dei maggiori libri della letteratura inglese e mondiale venne ispirato da una storia vera che probabilmente Defoe lesse nel libro del capitano Woodes Rogers A Cruising Voyage Round the World (1712), dove si narrava del ritrovamento di un naufrago scozzese chiamato Alexander Selkirk abbandonato dai compagni nei pressi di alcune isole cilene, rimasto cinque anni nell'isola solitaria solo con un baule contenente coperte, rum, tabacco, qualche pezzo di formaggio e una pistola. Selkirk era tranquillizzato dall'idea malsana che se non fosse tornato nessuno a prenderlo la pistola alla tempia sarebbe servita. 




Nell'immaginario collettivo Robinson Crusoe, è il naufrago per eccellenza che nonostante il suo isolamento, si impone dei principi civili distinguendosi dai selvaggi, mettendo in opera una vera e propria attività economica, tra coltivazioni, allevamento, pratiche artigianali, sottomettendo la natura selvaggia in una sorta avventura imprenditoriale, come scrive Renato Barilli "un protagonista che confida nelle proprie capacità di trovare di volta in volta la soluzione giusta, con sano, flessibile empirismo". (¹)

All'epoca il 60 enne Defoe si ritrovava con qualche debito, gli serviva del denaro per sposare la figlia, così pensò che con una storia del genere ci poteva fare qualche soldo.


Daniel Defoe geniale scrittore e uomo di marketing



Daniel Defoe scrisse Robinson Crusoe a 59 anni, il libro uscì il 25 aprile 1719 in forma anonima per rendere la storia più reale, all'epoca il genere romanzo era appena agli inizi, egli da abile giornalista e saggista e anche uomo di marketing, creò un bestseller che ebbe diverse ristampe e modifiche in corso d'opera.
Propose al lettore del tempo una storia di sopravvivenza ambientata in luoghi lontani, esotici, su un uomo isolato dal mondo civilizzato, che si rivolge a Dio per resistere alle varie sventure che il destino gli impone, con la "funzione di indurlo, attraverso l’espiazione della colpa, alla redenzione e all’accettazione di quella che (apparentemente) è la volontà divina: la «quieta e ritirata vita» predisposta per lui dal padre". (²)

Daniel Foe (lo scrittore aggiunse in seguito la De per migliorare la sua posizione sociale) fu giornalista, scrittore satirico tuttofare e anche spia, aveva sofferto per mano dello Stato, mandato alla gogna e anche in carcere nel 1703, ma non era religioso. Aveva un abilità inusuale nel creare storie e il suo romanzo è una complessa confezione letteraria, dove fa parlare il suo personaggio, e nella prefazione scrive con tono ironico che è tutta storia vera senza alcuna apparenza di finzione.

La voce narrante è forse il colpo di genio che rende speciale il romanzo, una particolarità che userà anche per il suo romanzo successivo  Moll Flanders (1722). Il tono colloquiale, lento e capace di cambiare con alti a bassi, in forma di diario, riesce a mettere il lettore nei panni e nella mente del naufrago insieme alla sua singolare situazione.

Le sue avventure diventano le nostre, vivendole così nel nostro immaginario. Egli è metodico e descrittivo (fa pensare a un altro solitario famoso Henry D. Thoreau due secoli dopo) non teme di annoiare il lettore descrivendo liste e fare elenchi di ciò che recupera dalla nave o di quello che costruisce. 

La trama segue un modello quasi biblico di trasgressione o ribellione giovanile, pentimento con doloroso isolamento, e infine la redenzione con il ritorno a casa. E poi situazioni e oggetti divenuti iconici:  il pappagallo come amico cui insegna qualche parola, l'ombrello di pelle costruito con molta fatica che lo ripara sia dall'acqua che dal sole e poi, dopo essersi abituato alla sua solitudine, il terrore di non essere più solo trovando delle impronte umane sulla sabbia lasciate dal "selvaggio" Venerdì.

C'è una similitudine con Cervantes che ha il suo Sancho Panza, mentre Defoe trova al suo naufrago un compagno umano con Venerdì dopo avergli salvato la vita, diventando un devoto servitore «fece tutti gli atti immaginabili di sottomissione, per farmi capire che mi avrebbe servito per tutta la vita».

Bisogna dire che quell'isola apparentemente sperduta a sua insaputa, risulterà confinante con altre terre da cui arrivano segnali di vita da piroghe che trasportano uomini e prede in quell'isolotto che viene ritenuto inabitato anche per gli indigeni, non lambiti dal verbo di Dio, per lui cannibali o mangiatori di uomini.

  

Il tenace mercante gentiluomo



Il Robinson Crusoe è il libro di chi è riuscito a sopravvivere nonostante le avversità, con una forza interiore e con l'aiuto della Bibbia, ma anche di chi appare sconfitto, di chi ritrova le forze per ripartire, di riscattarsi «Non sarebbe servito a nulla stare a sedere, aspettando quello che non potevo avere e la necessità mi aguzzò l’ingegno», fa dire lo scrittore a Robinson subito dopo il naufragio, appena scampato alla morte, con i suoi compagni dispersi.

Egli era un imprenditore, un mercante gentiluomo «padrone di più di cinquemila sterline in denaro, e avevo in Brasile una proprietà, come potevo ben chiamarla, che mi rendeva più di mille sterline all’anno» e neanche il naufragio lo allontana dal suo stile di vita borghese ligio al lavoro fissandosi delle regole:

«Questa mattina incominciai a mettere ordine nel mio orario di lavoro, fissando l’ora di uscita col fucile, il tempo dedicato al sonno e quello da dedicare allo svago, cioè: ogni mattina uscivo col fucile per due o tre ore, se non pioveva; poi mi occupavo a lavorare fino alle undici circa; poi mangiavo quello che avevo da mangiare; e dalle dodici alle due mi stendevo a dormire perché il tempo era eccessivamente caldo; alla sera di nuovo al lavoro».

Come in certi film hollywoodiani Defoe forse esagera un poco prendendo spunto dalla realtà.
I cinque anni della storia reale diventano 28, e anche se ha delle cadute esistenziali riesce nel suo ingegno a essere sempre un uomo appartenente alla civiltà, non come il povero Alexander Selkirk che come raccontò il capitano Woodes Rogers, si trovò di fronte «un uomo con una lunga barba, vestito con pelle di capra e cosa più orribile incapace di esprimersi. Non avendo più parlato, aveva dimenticato la sua lingua al punto che non riuscivamo a comprenderlo».

Nel 1858 un altro naufrago  Narcisse Pelletier  di origine francese subì una sorte simile abbandonato all'età di 14 anni per errore durante il rifornimento di una nave nella penisola di Cape York in Australia, una grande area selvaggia e incontaminata.
Venne trovato da una famiglia di aborigeni che si prese cura di lui come un figlio per 17 anni, finché una nave inglese giunge e il capitano Joseph Frazer si imbatte in un gruppo di aborigeni accompagnati da un uomo bianco che non sapeva più comunicare nella sua lingua, con le evidenti difficoltà d'inserirsi nella società civile.
  

Robinson Crusoe e Venerdì


Il successo del libro e le Ulteriori avventure


Comunque nel giro di poco tempo il libro divenne noto in tutta Europa e come succede oggi dopo il successo di un opera, lo scrittore ne ricaverà un sequel con Ulteriori avventure. Sette anni dopo essere rientrato in Inghilterra, il nostro naufrago è diventato ricco per via ereditaria, ritorna come un turista nella sua isola, c'è la morte di Venerdì, ma poi il racconto si sposta in Siberia e Cina con avventure sullo stile di Verne o Salgari e la figura di Crusoe si allontana troppo dalla precedente, per poi includerlo in un terzo libro Serie riflessioni che a differenza degli altri è più una raccolta di saggi critici di natura filosofica e religiosa.

Defoe come scrittore era un professionista completo, sempre immerso nell'inchiostro. Nel corso della sua vita, produsse opuscoli, libelli, saggi narrativi e anche  storie di fantasmi.

Era un uomo a cui piaceva essere pagato per ciò che scriveva, viveva bene ma era quasi sempre in debito. Non era un "romanziere" , ancora questa figura non era nata, ma il suo romanzo classico è il punto cruciale della letteratura inglese.

La prima storia del romanzo inglese coincise con l'espansione dell'impero britannico e la letteratura divenne oggetto di studio accademico, il prof. Walter Raleigh, nominato nel 1904 alla neo-costituita cattedra di letteratura inglese dell'Università di Oxford, scrisse con orgoglio su questi collegamenti: "Ci siamo sparsi sulla superficie del mondo abitabile e abbiamo stabilito i nostri metodi di governo in nuovi paesi. Ma i poeti sono ancora davanti a noi, indicando la strada. Furono loro, e non altri, che per primi concepirono la grandezza dei destini dell'Inghilterra, e consegnarono la dottrina che doveva ispirarla".

Alla fine del XIX secolo, nessun libro nella storia letteraria inglese aveva avuto più edizioni e traduzioni di Robinson Crusoe, con più di 700 versioni alternative, opere per ragazzi, riprese da autori come Johann David Wyss Il Robinson svizzero o Jules Verne La scuola dei Robinson.

Poi il modello originale di Defoe è stato capovolto e rovesciato da altri come L'isola del dottor Moreau di H.G.Wells, Susanna e il Pacifico Jean Giraudoux, Il signore delle mosche di William Golding, riflettendo su il cambiamento di atteggiamenti verso la razza, il genere, l'imperialismo, le razionalità e l'ambiente.
Senza contare in epoca recente quelle cinematografiche e show televisivi, dove il mito robinsoniano vive ancora nel nostro quotidiano.


Ed.economica
Robinson Crusoe ed. Newton Compton 
con illustr. originali di William James Linton


Note
(¹) Renato Barilli, La narrativa europea in età moderna, Bompiani
(²) Giuseppe Sertoli, introduzione a Robinson Crusoe, ed. Einaudi










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