Il tempo nei romanzi di Jane Austen e Charlotte Brontë
Il tempo meteorologico o atmosferico gioca un ruolo significativo nei romanzi di Jane Austen e Charlotte Brontë, fungendo da potente strumento letterario, arricchendo le narrazioni con significati simbolici insieme alla profondità emotiva dei personaggi.
Charlotte Brontë lesse Orgoglio e pregiudizio nell'inverno 1847-48, subito dopo la pubblicazione di Jane Eyre, e fu molto critica. Era stato lo scrittore e critico letterario G. H. Lewes a raccomandarle la Austen, e fu a Lewes che lei scrisse con la sua veemente risposta:
"Cosa ho trovato? Un accurato ritratto dagherrotipato di un volto comune; un giardino accuratamente recintato e altamente coltivato con bordi netti e fiori delicati – ma nessun accenno di una fisionomia vivida e luminosa – nessuna campagna aperta – nessuna aria aperta – nessuna collina azzurra – nessun bel ruscello. Non mi piacerebbe vivere con le sue dame e i suoi gentiluomini nelle loro case eleganti ma anguste".
Stava descrivendo la Austen come l'opposto di se stessa e delle sue sorelle. Nella sua critica a questa importante autrice esprimeva tutto ciò che voleva fare diversamente.
Sarebbe stata una scrittrice di campagna e di aria aperta, una scrittrice delle lontane colline azzurre piuttosto che di un giardino o un interno ben curato.
Per certi versi l'opposizione di Charlotte era esagerata.
Jane Austen teneva molto all'aria aperta nei suoi romanzi, sia in senso letterale che figurato.
I cieli si schiariscono e si scuriscono mentre i suoi personaggi parlano, e gli acquazzoni improvvisi colgono i personaggi di sorpresa; il lettore di Orgoglio e pregiudizio non poteva fare a meno di notare che la sua eroina Elizabeth Bennett insiste per fare una camminata veloce piuttosto che un giro in carrozza, e sconvolge i suoi vicini presentandosi con il fango sull'orlo del vestito e il colorito acceso sulle guance.
Charlotte Brontë, al contrario, si può dire che sia stata una superba scrittrice della reclusione, dei suoi piaceri e dei suoi vincoli.
"Non c'era la possibilità di fare una passeggiata quel giorno" scrive in Jane Eyre. Ma la giovane Jane ne fu contenta, preferendo di gran lunga restare in casa, tirare le tende attorno al suo posto vicino alla finestra "mi ritrovai perfettamente chiusa in un doppio rifugio" e leggere la poderosa Storia degli uccelli britannici di Bewick.
A dire la verità non è che le due scrittrici invochino tipi di tempo atmosferico diversi. C'è il sole sulle brughiere dello Yorkshire, come c'è il sole nell'Hampshire e a Bath, e c'è anche molta pioggia: in Mansfield Park, per esempio, piove per mesi interi. La differenza sta nel modo in cui queste condizioni vengono vissute dai personaggi.
Jane Austen amava stare all'aria aperta, ma non sembrava essere una persona che avrebbe potuto correre fuori per vedere i fulmini squarciare il cielo.
Jane Austen House |
Dalla sua casa nel villaggio di Chawton, nell'Hampshire osservava: "Abbiamo avuto un tempo triste ultimamente" - scrisse alla giovane nipote Caroline a marzo - "spero che ti sia piaciuto. Il nostro stagno è colmo, le nostre strade sono sporche e i nostri muri sono umidi, ce ne stiamo seduti sperando che ogni brutta giornata possa essere l’ultima... Ho spesso osservato che se uno scrive del Tempo generalmente è completamente cambiato prima che la Lettera venga letta".
Nell'Abbazia di Northanger (1817) la situazione pittoresca richiedeva che gli edifici fossero vissuti con un clima appropriato, e ovviamente in un'abbazia la protagonista doveva arrivarci con una tempesta.
La notte fu tempestosa. Il vento era cresciuto di intensità a intervalli per l’intero pomeriggio e, al momento in cui il gruppo si sciolse, soffiava con furia e pioveva violentemente. Catherine, attraversando l’atrio, ascoltò timorosa la tempesta e quando ne udì la violenza attorno all’angolo dell’antico edificio e udì sbattere con improvvisa furia una porta lontana, per la prima volta provò la sensazione di essere veramente in un’abbazia..
da L'Abbazia di Northanger ( su Amazon )
In genere tutti i personaggi di Austen sono influenzati dal tempo: Emma Woodhouse, donna pratica ed equilibrata, per esempio, affronta malinconicamente una lunga notte estiva di temporali.
Romanzieri gotici come Ann Radcliffe (1764-1823) si occupavano di tempeste ed eventi meteorologici terribili, ma Austen era convinta che anche i normali e semplici giorni umidi, che costituiscono la maggior parte della nostra vita, dovessero essere oggetto da inserire nella narrazione, i ritmi e gli umori della vita possono essere governati anche dalla possibilità di bagnarsi sotto la pioggia.
Non solo pioggia: caldo e vento fastidiosi e anche mortali
Non solo la pioggia ma anche il caldo può essere un problema. La crudeltà della signora Bertram in Mansfield Park è quella di costringere Fanny Price a fare commissioni sotto il sole con cui non uscirebbe mai da sola. Fanny avrà un malore tra svenimenti e mal di testa.
Per i personaggi di Austen la priorità nelle giornate calde è anche trovare l’ombra. A Portsmouth, in una giornata di marzo che sembra aprile, Fanny si diverte con il vento leggero e vivace e il sole splendente, a volte offuscato per qualche minuto.
Le sorelle Brontë usano le descrizioni del tempo nei punti chiave dei loro romanzi e anche la loro vita quotidiana era fortemente influenzata dagli elementi.
Brontë Parsonage (wikipedia) |
Nel 2011 l'artista Rebecca Chesney ha installato una stazione meteorologica presso la casa dei Brontë e, lavorando con un team ha registrato i modelli meteorologici per 12 mesi. Rebecca ha incrociato questi nuovi dati con le descrizioni del tempo nelle lettere e nei romanzi dei Brontë per creare nuove opere d'arte visive da esporre alla casa-museo.
Le sue tabelle mostravano che, mentre il vento è l'evento più frequentemente menzionato in Cime tempestose, il sole arriva al secondo posto.
Charlotte Brontë, sebbene "respirasse" i fulmini di Cime tempestose con un senso di soggezione, sviluppò nel corso della sua vita sentimenti più contrastanti riguardo al tempo.
In Jane Eyre (1847) i corpi tremano vulnerabilmente sotto il vento che scortica loro la pelle e invade i loro polmoni, e gli abiti sono insufficienti per proteggersi dal freddo pungente, mentre l'aria gelida nei polmoni malati di Helen Burns non è altro che una condanna a morte.
In Villette (1853), il suo romanzo successivo più triste per la sua eroina, un temporale suscita in lei il desiderio di un’altra vita, di qualcosa che la conduca verso l’alto e oltre. È il vento dell'est che Lucy teme e che anche Charlotte Brontë nella realtà ha imparato a temere.
Era una giornata invernale: soffiava il vento dell’est e ormai da tempo ero entrata in quella malinconica fraternità con i venti e i loro mutamenti così sconosciuta e incomprensibile alla gente sana.
Quelli del nord e dell’est possedevano un’influenza terribile: ogni dolore diveniva più pungente, ogni pena più triste. Quello del sud sapeva calmare, quello dell’ovest talvolta rallegrare a meno che, poi, non portassero tutti sulle loro ali il peso di nuvole temporalesche, al cui calore agonizzava ogni loro energia.
da Villette (il libro su Amazon )
Come Lucy era entrata in quella triste comunione con i venti e i loro cambiamenti, così poco conosciuti, così incomprensibili ai sani. La giovane eroina di Shirley non è turbata da certe note del vento che piangono come spiriti inquieti.
La malattia di Caroline Helstone è portata probabilmente dalla "dolce brezza fragrante di melata ma gravida di miasmi velenosi le era penetrata nei polmoni e da qui nelle vene, in un sangue già febbricitante".
Charlotte Brontë sapeva che una notte fredda poteva portare un brivido che poteva sfociare nella consunzione.
I frequenti mal di testa di cui soffriva ogni volta che soffiava il vento da est potrebbero essere collegati alla tensione nervosa di percepire un "nemico fatale" che si avvicinava alla porta.
Il clima e la salute ad Haworth segnava la distinzione tra malattie tubercolari nella famiglia Brontë e malattie contagiose come il colera e il tifo che affliggevano la città, e le connessioni precise tra venti e malattie all'epoca erano oggetto di indagine tra i medici vittoriani, scriverà nel Diario di Roe Head:
Quel vento, che si riversa nell'aria con una corrente impetuosa, risuona selvaggiamente, incessantemente di ora in ora […] Quel vento che conosco si sente in questo momento lontano, nella brughiera di Haworth […] Ha risvegliato un sentimento che non può soddisfare! Al suo richiamo sorgono mille desideri che dovranno morire con me, perché non saranno mai esauditi.
(Charlotte Brontë, Roe Head Journal)
il Diario di Roe Head e disponibile anche in italiano su Amazon
Brontë a volte usa il tempo come simbolo estetico, ma anche l'uso delle teorie nella scienza meteorologica e nella medicina del diciannovesimo secolo, collegando la coscienza del suo narratore alle condizioni atmosferiche.
Lontano dall'essere esempi di proiezione di stati psicologici nel mondo naturale, le rappresentazioni del tempo di Brontë spesso suggeriscono esattamente il contrario: che gli eventi fisici come tempeste, venti, pioggia, sole, sono l'origine delle nostre concezioni emotive e cognitive e che ci guidano nella nostra vita.
Un passaggio di Villette descrive la morte della signorina Marchmont esponendo teorie contrastanti, Lucy sente il vento lamentoso:
"Tre volte nel corso della mia vita gli avvenimenti mi avevano insegnato che quelle strane voci nella tempesta, quel lamento incessante, disperato – significavano l’appropinquarsi di situazioni sfavorevoli alla vita. Le malattie epidemiche, pensavo, erano spesso annunciate da un ansimante, lamentoso, tormentato vento dell’est." (Villette, Fazi editore)
Il brano allude alla tradizione folcloristica di leggere il tempo come segno e avvertimento soprannaturale, mettendo in gioco anche la meteorologia medica dell’epoca, nonché le nuove teorie sul tempo meteorologico globale.
Il tempo spesso contribuisce al senso di isolamento e solitudine sperimentato dai personaggi di Brontë. Paesaggi tetri e desolati e condizioni meteorologiche avverse enfatizzano i sentimenti di alienazione e abbandono dei personaggi.
Ad esempio, le brughiere isolate e battute dal vento in "Cime tempestose" riflettono l'esistenza solitaria di Heathcliff e la natura remota e inospitale dei suoi dintorni.
Dopo la morte delle sue sorelle, Charlotte trovò doloroso camminare nella brughiera che aveva amato. Ogni collinetta di erica, le ricordava la sorella Emily, mentre i panorami lontani erano stati la gioia di Anne. L'aria era piena di ricordi dolorosi, anche se il tempo mutevole poteva ancora offrirle conforto.
Quando Elizabeth Gaskell conobbe Charlotte per la prima volta nel 1850, rimase colpita dalla sua attenzione al cielo:
"Sono rimasta colpita dall’attenzione con cui la signorina Brontë ha esaminato la forma delle nuvole e gli altri segni del cielo leggendovi, come se si trattasse di un libro stampato, che tempo avrebbe fatto. Le ho detto che immaginavo vedesse un paesaggio altrettanto ampio da casa sua e mi ha risposto di sì, ma che la vista a Haworth era molto diversa e che non avevo idea di quanta compagnia tiene il cielo a chi vive in solitudine – più di qualsiasi oggetto inanimato sulla terra e persino più della brughiera stessa."
-Vita di Charlotte Brontë (su Amazon )
Vedi
ANELLO DI CHARLOTTE BRONTË TROVATO IN UNA SOFFITTA
JANE AUSTEN. IL MISTERO DELLA SUA MORTE
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(bibliografia di riferimento: "Weatherland", Alexandra Harris)
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