Sul camminare: tre libri da leggere
Come descriveva il curioso e anche filosofico libro di Frédéric Gros Andare a piedi. Filosofia del camminare , il passeggiare o anche vagabondare può fare bene all’intelletto. Stimola la fantasia e in questo caso permette agli scrittori di trascrivere le loro idee sulla pagina, scoprire incontri casuali imbattersi in personaggi insoliti o viaggiare con la mente attorniati dalla bellezza della natura.
Castello di Ermenonville |
Le passeggiate del sognatore solitario di Jean Jacques Rousseau
Si svolgono verso la fine del 1770 nel suo esilio al Castello di Ermenonville in Francia. Il filosofo e scrittore passò le ultime sei settimane di vita a interrogarsi sulla propria identità, l’armonia dell’uomo con la natura che lo circondava, il rifiuto reazionario del mondo moderno. Camminare sia con la mente che con il corpo, alla ricerca di se stesso, il vagabondare nella natura si presenta come vero rifugio dalla realtà contro le vicissitudini del mondo civile, la vanità e il male, contro il " torrente del mondo” trovando in ciò equilibrio e sollievo alla propria sofferenza sognando a occhi aperti, nell’ozio e nell’osservazione, nel libero divagare della mente.
La passeggiata di Robert Walser.
Qui lo scrittore fugge dalla sua cupa stanza, lascia i fogli di carta sulla sua scrivania per intraprendere una passeggiata attraverso un città svizzera di provincia e i suoi rustici dintorni “appena fui sulla strada soleggiata mi sentii in una disposizione d’animo avventurosa e romantica, che mi rese felice”.
Nel suo camminare lo seguiremo come un vagabondo giramondo bighellonando fra campi di cereali e prati rigogliosi. Incontrerà vari individui fra cui uno spilungone dall'aria sinistra - anche lui forse un vagabondo senza dimora - una fanciulla dalla voce angelica. Si ricorderà poi che dovrà passare al municipio per pagare delle tasse, in sartoria per un abito nuovo e a fare colazione dalla signora Aebi. Una giornata minimalista e romantica di uno scrittore amante delle camminate che avrebbe avuto un triste destino, con monologhi che rivelano un disagio sociale interiore ma che piccoli dettagli della vita quotidiana lo rendono felice alla fine della giornata e della passeggiata.
Handke è un ammiratore di Robert Walser e forse in questo piccolo libro lo omaggia, descrivendo in queste poche pagine le sue riflessioni davanti alla macchina da scrivere e il blocco dello scrittore.
Già con l’idea di uscire davanti alla porta del giardino scrive “D’un tratto lo scrittore tornò indietro. Corse in casa, sali a precipizio nel suo studio e sostituì una parola con un altra”. Infine esce. Vaga per la città apparentemente deserta senza nominarla, una fermata al ristorante poi in un edicola a comprare un giornale, attraversa i quartieri esterni, le case in lontananza, grandi magazzini, qua e là stazioni di rifornimento, con lentezza il paesaggio si apre davanti ai suoi occhi, segue la colorazione tardiva autunnale dei prati, dei campi, degli alberi.
Gli incontri sono esigui, fra cui un pensionato con indole poetica, un uomo che ad alta voce contesta sulla distruzione del centro storico, e alcuni fan che lo riconoscono chiedendogli un autografo e una foto, il tutto come in un film al rallentatore dove i passanti sembrano sagome, i cortili interni stanze irreali e una colonna sonora fatta di rintocchi di campane, del fragore degli autoveicoli sulla strada, e note di sassofono lungo il fiume.
Nonostante non si fosse verificato niente di particolare per quel giorno lo scrittore ne ha abbastanza e crede di essersi assicurato il domani completando un percorso attraverso la città e attraverso se stesso, una riflessione sulla letteratura e il suo rapporto con il reale.
Da questi racconti leggendoli si deduce che alla fine camminare - tempo permettendo - anche se non siamo scrittori fa sempre bene, visto che questi personaggi dopo si sentono rinvigoriti e pronti ad affrontare il loro futuro.
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