In un libro la storia vera di una ragazza del 1700 trovata nei boschi che ebbe non pochi problemi a integrarsi nella società
Nel 1731, gli abitanti di Songy, in Francia, videro aggirarsi una piccola creatura sudicia, vestita con stracci e pelli di animali, che spinta dalla fame e sete rubava da un frutteto. Era difficile per gli abitanti del villaggio dire quanti anni avesse, e si stima che la sua età fosse compresa tra 10 e i 18 anni.
Per nulla preparati a vedersi apparire una simile creatura videro in lei qualcosa di diabolico. Quando gli abitanti del villaggio le mandarono un cane feroce, lei lo uccise con un colpo fatale, brandendo una specie di clava e fuggendo nel bosco in pochi istanti, arrampicandosi poi sopra un albero per riposarsi.
Gli abitanti alla fine, con un espediente, la catturarono e presto si resero conto che non parlava alcun linguaggio formale.
Ricoverata a Chalons, venne battezzata come Marie-Angélique Memmie Le Blanc. I medici e altri esperti cercarono di civilizzarla. Era chiaro che mangiava solo carne cruda e quando i medici le davano cibo cotto vomitava e stava male.
Il Mercure de France del dicembre 1731 pubblicò una lettera in cui si menzionava una bambina selvaggia trovata nei boschi di Songy, vicino a Châlons-en-Champagne.
Ma le origini del bambina selvaggia furono rivelate al grande pubblico solo nel 1755 quando la biografa Marie-Catherine Homassel-Hecquet pubblicò un libretto " Histoire d'une jeune fille sauvage, trouvée dans les bois à l'âge de dix ans" , ora stampato in italiano come Storia della bambina selvaggia, per Elliot editore a cura di Graziano Benelli.
Il racconto dell'epoca appare oggi come un documento storico che offre spunti di riflessione sulla figura della "buona selvaggia" e sull'idea stessa di civilizzazione.
A quel punto la ragazza non era più selvaggia, ora adulta, divenne una signora piccolo borghese, dato che di lei si prese cura nientemeno che la regina moglie del re di Francia Luigi XV, Marie Leszczynska.
Una volta catturata da un nobile locale a Songy, venne educata dalle suore e poi, man mano che la sua fama cresceva, fu sostenuta dall'inaffidabile mecenatismo della nobiltà francese - inclusa la stessa regina, Marie Leszczynska.
La Le Blanc divenne oggetto di fascino e studio tra gli intellettuali illuministi, che videro in lei una sorta di testimone vivente della prima lunga era di barbarie senza legge della nostra specie.
Secondo il racconto che affidò alla biografa, dopo l'arrivo in terra francese, la ragazza aveva condiviso pasti di carne cruda con la sua compagna di viaggio, una ragazza nera più o meno della sua età, ma i due si erano separati non molto tempo prima della sua cattura.
Naturalmente la ragazza non aveva una memoria limpida, avendo vissuto per molto tempo in boschi e foreste, ma mostrava di conoscere qualche parola di francese.
Fra l'altro, all'inizio, la poveretta fu accusata di aver mangiato la sua amica, senza dubbio perché l'antropofagia si adattava perfettamente alle narrazioni illuministiche sullo sviluppo umano di popoli esotici.
Poi venne formulata l'ipotesi che fosse del Nord America, una eschimese o una nativa americana, dato che aveva riconosciuto delle statuine che la biografa gli aveva fatto vedere.
I ricordi
Si ricordava che il paese da cui veniva era un paese molto freddo, coperto di neve per gran parte dell'anno, lì i bambini erano abituati all'acqua fin dalla nascita, e imparavano a nuotare non appena camminavano.
Le persone vivevano in piccole capanne sopra l'acqua, come i castori, e sopravvivevano principalmente pescando.
Lei stessa era così abituata all'acqua, che quando arrivò per la prima volta in Francia, non poteva vivere senza di essa, ed era abituata a tuffarsi e nuotare come una lontra, o qualsiasi altro animale anfibio.
Quando la tolsero da questa pratica, dopo che fu addomesticata e civilizzata, la sua salute ne risentì.
Si suppone che fosse una bambina di circa sette o otto anni, quando fu portata via dal suo paese. Imbarcata in mare, venne messa con altri bambini in una piccola canoa coperta di pelli.
Quando la raccolsero venne messa a bordo di una grande nave e portata in un paese caldo, dove fu venduta come schiava.
La persona che l'aveva venduta l'aveva dipinta tutta di nero, con l'idea, senza dubbio, di farla passare per una nera, per facilitarne la vendita.
Venduta a un francese, la selvaggia venne imbarcata su una nave diretta in Francia. Molti credono che la nave in questione abbia fatto naufragio e la ragazza sia approdata a riva insieme all'altra coetanea.
Da quel punto, entrambi diventarono "selvagge" sopravvivendo mangiando scoiattoli crudi, volpi e conigli. Ad un certo punto, la coppia si separò, dell'amica non si seppe più nulla, e alla fine la Le Blanc venne catturata.
La provenienza
Ci sono stati pareri contrastanti sulla provenienza d'origine, secondo lo studioso Serge Aroles, nel saggio Marie-Angélique: Survie et résurrection d'une enfant perdue dix années en forêt (2004) la ragazza sarebbe stata acquistata dai nativi americani nel 1718 da una dama francese, che poi tornò in Europa con i suoi tre figli e con la piccola adottata Marie-Angélique.
Secondo altri la “bambina selvaggia” proveniva dal territorio dell’attuale Wisconsin, era stata venduta e imbarcata verso l’Europa mentre era in corso un’epidemia di peste. Riuscita a scappare dalla quarantena nel porto di Marsiglia era sopravvissuta, da sola, per dieci anni nei boschi.
Nonostante la sua adolescenza traumatica, la Le Blanc alla fine avrebbe riacquistato la salute mentre era in ospedale.
Ancora più incredibile, agli occhi dei testimoni, l'aver imparato presto a parlare francese sotto la tutela di diversi insegnanti pazienti, riacquistando abilità linguistiche che erano andate perse da molto tempo.
Si divertiva spesso con rane e ranocchi, tanto che durante un banchetto le aveva gettate sui piatti degli invitati spaventandoli, ma lei le mangiava crude contenta di averle trovate ottime.
La curiosità degli intellettuali
Gli intellettuali (Racine e Voltaire la citarono spesso) e l'alta società francese, la guardavano a bocca aperta come un'ex "selvaggia" diventata raffinata.
Mescolandosi con la nobiltà, Le Blanc ricevette una generosa indennità da un duca che gli permise di esplorare l'Europa. Per un breve periodo provò anche a farsi suora.
Sebbene la morte del duca nel 1752 lasciò la donna senza risorse finanziarie, presto riuscì ad assicurarsi altri mecenati grazie ai suoi numerosi ricchi legami.
Quando morì all'età di 63 anni nel 1775, lei stessa era notevolmente ricca. Si diceva che preferisse indossare abiti di seta e velluto, nonostante conservasse una certa selvatichezza nel suo aspetto.
Il filosofo scozzese James Burnett, che intervistò Marie-Angélique nel 1765, la considerava la persona più straordinaria del suo tempo.
Nonostante ciò questa donna è stata dimenticata, scomparsa, per più di due secoli, dietro tutte le eroine della narrativa, per riapparire solo in questo secolo.
I ragazzi selvaggi
Nel corso dei secoli ci sono stati molti casi di bambini selvaggi che abitavano le foreste, solo dopo il 1600 la scienza ha cercato di dare un nome e classificare lo sviluppo degli esseri umani. Linneo nel 1758 si occupò di dare una classificazione a questo gruppo l'Homo Ferus caratterizzato per essere l'individuo «tetrapus, mutus, hirsutus» (quadrupede, muto, irsuto) che si distingueva in aspetto e comportamento dagli altri esseri umani.
Famoso è stato il Ragazzo selvaggio del 1797 Victor dell'Aveyron di cui se ne occupò il medico e pedagogista Jean Itard cercando di civilizzarlo e rieducarlo, ma non imparò mai a parlare.
La sua storia venne trasposta in film ne Il ragazzo selvaggio (1970) diretto da François Truffaut.
In memoria di Marie-Angélique, il villaggio di Songy, dove fu catturata nel 1731, le ha eretto una statua nel 2009.
La statua di Marie-Angélique a Songy |
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Titolo: STORIA DELLA BAMBINA SELVAGGIA
Autore: Marie-Catherine Homassel Hecquet
Editore: Elliot
Anno: 2024
Pagine: 80
a cura di Graziano Benelli
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