4 mag 2022

 

Il capanno di Flipke e altri racconti. Dieci storie d'annata di Simenon

Dieci racconti d'annata di Simenon scritti nella prima metà degli anni '40

Georges Simenon non scriveva solo romanzi, era abile a rappresentare nelle pagine varia umanità anche nei racconti, come questi dieci che vengono proposti da Adelphi. Sono racconti per lo più scritti intorno agli anni '40 pubblicati su alcuni settimanali di cui sette inediti. 

Non vi fate ingannare dalla copertina del libro gialla poiché non hanno a che vedere con morti e assassini, a parte forse il racconto dell' "Armadio a specchio", più che altro questi qui presentati sono gradevoli storie d'ambientazione, in una Francia che forse oggi non esiste quasi più,  tra caffè fumosi, località amene o fattorie di miticoltori, con personaggi di paese caratteristici, come le odiose sorelle Fonsine e Fernande ne "Il lutto per Fonsine".  


cafe jean gand




L'avventuriero con l'ombrello (1941)

Bob Framboise è un giovanotto di alta statura che si annoia in un angolo del bar. Cliente fisso ha il suo sgabello preferito, il suo conto aperto alla cassa, perfino il suo sandwich preferito, perché di solito non fa un pasto completo. In realtà si chiama Robert T.,  la sua famiglia possiede una distilleria di provincia, tramandata di padre in figlio da almeno tre generazioni. 

Non ha un idea ben precisa di quello che potrebbe essere il suo futuro i suoi progetti variano a seconda di quello che beve. Un giorno vorrebbe entrare nelle truppe coloniali, il giorno dopo imbarcarsi come marinaio a bordo di un peschereccio, oppure entrare in diplomazia. 

Finché una sera ai suoi amici dichiara sbronzo che vuole fare il pilota. Gli amici scettici, non credono che Bob possa diventare un vero aviatore, però lo incalzano per scherzo e lo assillano giornalmente. 

Lui prenderà davvero il brevetto ma gli occorre una fiaschetta di whisky per farsi coraggio. Dopo cinque cocktail, compra un aereo con le cambiali che forse un giorno pagherà suo padre. 

L'aereo però precipita in Nuova Zelanda, lui si salva. Ripudiato dal padre, forse ha trovato un pretesto per ricominciare una nuova vita nella capitale neozelandese.  



Il capanno di Flipke (1941)

In un bar di Furnes (in fiammingo Veurne, Belgio) a pochi chilometri dal confine francese, alcuni vecchi clienti si ritrovano a bere e a giocare a carte, si scaldano vicino a una stufa di porcellana, immersi nel fumo dei sigari, mentre fuori piove. 

I proprietari, Peeters e sua moglie, si preparano a chiudere, ma la serata noiosa viene interrotta dall'arrivo di una bella ragazza straniera, Nouchi, sui quindici-sedici anni, che si presenta come figlia del fratello di Peeters il proprietario del bar. 

La ragazza ha un accento straniero e non capisce bene il fiammingo, in compenso dalle valige tira fuori dei regali per gli zii, mentre gli altri clienti osservano attoniti. 

Peeters non sapeva che suo fratello avesse una figlia e per giunta ungherese, d'altra parte non si sentivano da anni, l'ultima cartolina l'aveva ricevuta diciassette anni prima dalla Romania. La ragazza non sa dove si trova suo padre, ma uno dei clienti, l'antipatico De Greef, tira fuori una vecchia storia su un capanno posto al confine dove viveva un vecchio che avvisava i contrabbandieri se c'erano gendarmi in giro. Il vecchio era poi deceduto, ma ora sembra che quella capanna non sia vuota e ci abiti qualcun altro. 



La pista dell'olandese (pubblicato nel 1941 sul settimanale Gringoire, in Italia su Epoca nel 1964) narra sostanzialmente di una truffa ai danni di Cornélius Mop vicedirettore di un caseificio in Olanda, L'uomo appare sospettoso a Emile, il concierge del Grand Hotel a Parigi, dove l'olandese alloggia, quindi chiama un ispettore di polizia. 

Tra i facoltosi ospiti del locale, Cornelius Mops non sembra essere al suo posto. Senza valigia, con indosso un vestito nuovo, un cappello nuovo, avrebbe voluto restare nell'appartamento numero 125, ma era già occupato quindi si era fermato al 225, al secondo piano. L'olandese sembra stia aspettando, qualcosa o qualcuno che non si fa vivo e in albergo le sue uniche domande riguardano la disponibilità della camera 125...



Il marito di Melie (pubblicato nel settimanale Toute la vie nel 1941, in Italia come "Un marito disastroso" sulla Domenica del Corriere del 1962) è proprio un uomo disastroso. 

Ventisei anni prima, Nicolas ha portato via trecentodieci franchi che teneva nel cassetto la moglie - lasciando solo un pezzo da due in fondo - e una lettera, ma Nicolas non è più tornato. 

Il giorno dopo, la signora Mélie venne a sapere che suo marito si era imbarcato per l'Algeria. Da allora, Nicolas ne ha annunciato l'esistenza con poche lettere. Queste lettere dall'estero erano state, a volte, accompagnate da richieste di denaro, che Mélie ha onorato. 

E poi un giorno Nicolas riappare. Non porta più barba né baffi, e forse ha anche una dentiera, perché la sua bocca forma una strana piega morbida. Ovviamente è senza un soldo, colpa della sfortuna, di questi favolosi affari che finiscono per fallire. Mélie ora gestisce una pescheria. È una commerciante attiva e coraggiosa, con una conversazione vivace e un grande cuore. Non potrebbe essere il rifugio dei sogni per Nicolas?


Porquerolles

Porquerolles (geneanet.org)


Il naufragio dell'"Armadio a specchio" (pubblicato su Gringoire 1941)

In questo paradiso terrestre che è l'isola di Porquerolles (in Provenza), la storia dell'affondamento dell'Armadio a specchio è raccontata in diversi modi. Qualsiasi altro di quei giocatori di bocce che invece si trovano all'ombra dei magri alberi di eucalipto, ognuno per conto suo dice la sua. 

Il grosso Boussus si recò al porto verso le sei del mattino, i piedi sporchi nelle espadrillas, un cappello di paglia, senza essere rasato né lavato. Nel cesto, una bottiglia di vino rosato, un pane, una lattina di acciughe e una fetta di Roquefort. 

Come quasi tutte le mattine prendeva la sua barca, la Girelle Royale, meglio conosciuta come "l' Armadio a specchio", per via della cabina che Boussus fece costruire per ospitare un armadio-frigorifero in miniatura. 

Alle nove ha già pescato una quarantina di pesci  e la bottiglia di rosé era in gran parte esaurita. Quanto al barattolo di acciughe, è vuoto. Il sole è già alto nel cielo, il mare senza increspature. Non un'anima in vista, non il minimo ronzio del motore. 

Nessuno a terra o in mare, eppure all'improvviso una voce grida: «Mimile!...». Nessuno a Porquerolles sa che quello era il suo soprannome, a parte Mauvoisin, l'assassino del cassiere delle Tréfileries de Saint-Quentin, fuggito da una prigione della Guyana. Odioso, feroce, e desideroso di vendetta... 

George Simenon, soggiornò in quest'isola tra il 1926 e il 1938, alcuni romanzi, tra cui un Maigret,sono ambientati in questa isola paradisiaca.



Le signorine della "queue de vache" (uscito in una raccolta nel 1963). A Marsilly (Charente-Inférieure, oggi Charente-Maritime, Francia), la fattoria Boudru, ovvero quella delle sorelle Hortense ed Emilie, è l'ultima del paese; isolata dalle altre, in riva al mare, piantata davanti alle acque da secoli, come un bastione, e forse perché è alla fine di tutto, alla fine del mondo, è sempre stata chiamata la queue de vache "Coda di vacca". 

Le due sorelle hanno ciascuna il proprio lavoro. Hortense è alta, più forte, più solida di tutte le donne. Si occupa delle fatture e delle spedizioni. Emilie è tre anni più giovane, più piccola e più debole di Hortense. È sempre stata così, per così dire, anemica, pallida tutto l'anno, con la bocca lunga e triste come qualcuno in cattive condizioni di salute, anche se non è mai stata malata. 

Si prende cura della casa e della fattoria. Vivono con Jean, il loro nipote, un robusto ventiquattrenne, che con Hortense raccoglie le cozze e si occupa di consegnarle a La Rochelle. Jean sa di non avere un cognome ufficiale. Spesso interrogando le zie sulle sue origini, gli dicono che suo padre era un colono, morto in Gabon e che non conoscevano sua madre. Egli è stato cresciuto come un figlio e ora adulto vorrebbe sapere di chi è figlio. 

Il racconto probabilmente era un abbozzo del romanzo La fattoria del coup de vague (1938).  





paris 1930


Nicolas (pubblicato ne La Revue de Paris 1945) 

Paul vive con la zia, una modesta pensionata, vedova di un impiegato delle ferrovie, al 37 bis di rue de Turenne (Parigi). Il suo amico Nicolas, musicista, vive praticamente senza un tetto sulla testa. Sempre malaticcio, racchiuso in un'enorme sciarpa di maglia rosa confetto, fa parte di un gruppo di quattro o cinque giovani di Lille tutti più o meno artisti e destinati a grandi destini, i quali si incontrano regolarmente in un piccolo caffè di Montmartre. 

Una sera, mentre escono insieme dal caffè, Paul chiede a Nicolas se ha lasciato il suo albergo in rue des Dames. Sono passati tre giorni e tre notti, e non ha dormito da nessuna parte. Dato che fa freddo, Paul si offre di ospitarlo di nascosto nella sua stanza, una volta scesa la notte mentre la zia è a letto. Si accordano su un segnale luminoso - una luce che si spegne e si riaccende due volte in rapida successione - e Nicolas, che aspetta sul marciapiede, sale poi dal suo amico.  

Lo schema riesce così bene che diventa un'abitudine. Nicolas dorme per terra, completamente vestito, e lascia l'appartamento alle sette del mattino, prima che la zia di Paul si alzi a sua volta.

Col passare del tempo diventerà sempre più difficile svegliare Nicolas, e una mattina, dopo otto o nove giorni di alloggio clandestino, Nicolas si rifiuta di alzarsi e si nasconde sotto il letto di Paul. La portinaia è sospettosa, e non passerà molto prima che la zia si accorga del nuovo arrivato.




Pouzauges

Pouzauges (geneanet.org)


Il lutto per Fonsine (1950) 

Le sorelle Sirouet si presentano spesso davanti al giudice di pace a Pouzauges (Vandea). Fernande, è una donna bassa e massiccia, dal viso squadrato, mascelle possenti, la stessa carnagione grigio opaco dei suoi capelli, mentre Alphonsine (che è sempre stata chiamata Fonsine) è della stessa statura, ma più snella, con le spalle infossate, e il volto malinconico. Le due sorelle condividono, a Saint-Mesmin, la casa che hanno ereditato dai loro genitori. 

Condivisione non sarebbe proprio il termine esatto. Poiché ciascuna delle sorelle ha la sua parte di casa: l'edificio, per fortuna tutto in lunghezza, è stato diviso in due, così che ora ci sono due case. E così che Fonsine ha dipinto la sua metà della facciata di azzurro pallido, mentre Fernande ha mantenuto il suo colore di pietra naturale. 

Le stanze che non si potevano dividere in due, come la cucina con il suo grande camino in pietra, erano state estratte a sorte. Ognuna di esse ha la sua porta e le sue tre finestre davanti. Ognuna di loro ha il proprio giardino, separato da un alto muro di due metri e dieci. 

Per per diciotto anni si sono odiate, non si parlano più, non si conoscono. Si incrociano venti volte al giorno, e ciascuna guarda come se l'altra fosse trasparente. Il loro odio risale alla prima comunione delle due sorelle. 

In questi anni che hanno vissuto nel luogo che li ha viste nascere, molte storie sono state oggetto di dibattiti legali: gatti avvelenati, lettere anonime, oggetti di ogni genere gettati oltre il muro che divide in due il giardino. 

Questa volta si tratta di una casseruola di ghisa gettata nel giardino dell'altra – ove la vittima dice di essere stata ferita, senza che ciò possa essere verificato – ciò porta alla condanna di Fonsine. Multa di cinquecento franchi insieme alle spese...

Questo aspro avvenimento sarà l'ultimo, poiché Fonsine muore di polmonite poco dopo. Fernande non vuole indossare il lutto per Fonsine, ma invece di gioire davvero per la morte di sua sorella, la donna incomincia a perdere la testa. 

Si chiede angosciata chi vivrà ora nella casa di Fonsine e questo la preoccupa. Senza ragione, come qualcuno rosicchiato da un dolore nascosto, non ha più gusto per niente, pigra, senza coraggio per nulla. A mezzogiorno capita che non si sia neanche lavata e indossi i suoi indumenti da notte sotto il vestito, come farà a vivere senza i battibecchi e l'odio per Fonsine ?



La signora Quattro e i suoi figli (1950).

Nella pensione Notre-Dame a Sables-d'Olonne (Vandea) sono in dieci, nella sala da pranzo a metà dicembre. Vicino alla stufa le persone sono accaldate per via del calore che fa brillare i loro occhi e cuocere le gambe, mentre Madame Quatre, tra la finestra con le persiane mal unite scosse dal temporale e la porta aperta della dispensa, ha il naso gelato. 

Persone che non si conoscono, se non per aver mangiato più volte in questa stanza, vicini l'una all'altra, si scambiano sguardi sapienti, semplicemente perché hanno assistito, le sere precedenti, alle scenate di Madame Quatre e dei suoi due figli tra schiaffi e rimproveri. 

Jean-Claude, il maggiore, ha dieci anni. Suo fratello, Jean-Pierre, ha tre anni meno. Sono dispettosi,  ma sono dei bambini. I commenti, a bassa voce, dilagano. Forse la madre è incapace di farsi rispettare. 

I residenti, più volte al giorno si incontrano nella sala da pranzo. Si salutano, si scambiano frasi, giornali, libri. Ma tacciono o cambiano conversazione quando arriva Madame. Lei a volte non sopporta di pensare che alcune persone stiano abusando della loro superiorità su di lei, che ha solo la stanza 4 - quella che non si affaccia sul mare, ma si affaccia su un vicolo - e che è l'ultima arrivata alla pensione. Alcune persone pensano che sia un po' pazza, o che comunque le manchi una certa stabilità. 

Una mattina riceve una lettera e si reca a Parigi, chiede a Madame Benoît, la padrona di casa, di tenere  i suoi ragazzi per due o tre giorni. 

Due giorni dopo, aprendo il suo giornale, il signor Benoît sarà sorpreso di scoprire la fotografia della signora Quattro in prima pagina. Quattro non è il suo nome, ovviamente, l'hanno chiamata così perché occupa la stanza 4. 




A mani piene (1945)

Durante la seconda guerra mondiale un giovane vuole entrare nella resistenza. Il capo, un ragazzo giovane, come lui, meccanico di Parigi, gli fa capire che non può essere accettato.

Questa risposta, il giovane la ripete mentalmente lungo la via del ritorno. Si vergogna di essersi presentato a mani vuote, di aver commesso un'incongruenza tra gente beneducata. Quindi, per cancellare questa vergogna, prepara accuratamente il suo piano in segreto...



capanno simenon


Il libro


Titolo: IL CAPANNO DI FLIPKE e altri racconti

Autore: Georges Simenon

Editore: Adelphi

Anno: 2022

Pagine: 139

Traduzione: Marina Di Leo


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