Il passeggiatore Walser in questo libro ci guida, con la sua disperata ironia, in un labirinto della mente, abitato da figure disparate, dalle più amabili alle più inquietanti.
"Un mattino, preso dal desiderio di fare una passeggiata, mi misi il cappello in testa, lasciai il mio scrittoio o stanza degli spiriti, e discesi in fretta le scale, diretto in strada."
La passeggiata (1919) è forse uno dei testi più perfetti di Walser, il grande scrittore svizzero che viene posto accanto a Kafka, a Rilke, a Musil.
Per l'autore Robert Walser, fare una passeggiata era una costante centrale della sua vita attraverso la sua forma sociale di attività ricreativa e relax. Già in gioventù amava le escursioni, cercando incontri con la natura e non rifuggiva le lunghe distanze.
Ha sempre avuto uno stretto rapporto con la natura. L'area intorno alla sua città natale, Biel, offriva a Walser una vasta gamma di opportunità per passeggiate e godersi la natura.
Secondo le sue stesse dichiarazioni, ha coperto la distanza da Monaco a Würzburg, che è lunga 180 chilometri, in sole 10 ore.
Per lui, come disse una volta egli stesso, la passeggiata è praticamente una forma di esistenza: " Siamo semplicemente destinati a fare una passeggiata" .
Dapprima considerato un semplice piacere o una condizione necessaria per un cambiamento di luogo, si sviluppa come un mezzo di sopravvivenza spirituale, un mezzo di comunicazione con il mondo esterno e infine un argomento letterario.
Come un discendente del buono a nulla del personaggio di Eichendorff (Vita di un perdigiorno) e simile ad altri protagonisti dei romanzi di Robert Walser, l'eroe del racconto è uno scrittore in difficoltà economiche, come si apprende presto.
Il cammino della passeggiata non conduce solo nella foresta, ma anche alla banca e alla tesoreria comunale. La storia è divisa in incontri: con una donna dall'aspetto dignitoso e una cantautrice, alle quali si rivolge entrambe con parole lusinghiere, poi c'è il raccapricciante "gigante" Tomzack, il sarto Dünn, che accusa di aver rovinato il suo vestito, si sofferma anche a leggere le insegne dorate di una panetteria o di un' osteria. Nel silenzio degli alti abeti, il narratore soffre presto di un “indicibile senso del mondo” e il suo pensiero vaga fino alle ultime cose.
" Per quanto mi riesce di ricordare, appena fui sulla strada soleggiata mi sentii in una disposizione d’animo avventurosa e romantica, che mi rese felice. Il mondo mattutino che mi si stendeva innanzi mi appariva così bello come se lo vedessi per la prima volta. Tutto ciò che scorgevo mi dava una piacevole impressione di affettuosità, di bontà, di gioventù. In breve dimenticai che fino a poco prima, su nella mia stanzetta, ero rimasto ad almanaccare tetramente su un foglio bianco."
Ci sono alcuni avventori gentili e amichevoli intorno a lui che lo invitano a cena qua e là. La signora Aebi, per esempio, lo riceve molto gentilmente, e lo osserva mangiare con gusto, ma ha la qualità di spaventare lo scrittore iniziando a riempirlo come un'oca, simile alla strega di una fiaba, pare costringerlo a mangiare sempre di più. Facendo credere al povero poeta di volerlo ingrassare e provocarne la morte. Non c'è da stupirsi che il suo invito si trasformi in un vero e proprio incubo.
"Mi chiese se davvero avevo tanta fretta di svignarmela, al che replicai con la solenne assicurazione che solo l’urgenza più pressante poteva strapparmi così per tempo da un luogo tanto gradito e da una compagnia tanto attraente e stimabile; e fu con queste parole che presi commiato da lei."
Non solo persone gentili incontra durante la sua passeggiata, ci sono anche altri che disapprovano ciò che fa vedendolo come un vagabondo, d'altra parte egli stesso si descrive "come un perfetto bighellone, distintissimo vagabondo, giramondo, fannullone e perdigiorno, passando davanti a una quantità di floridi orti pieni di ogni bendidio".
Il paesaggio svizzero che descrive il narratore, appare quasi paradisiaco e fantasioso con prati verdi, mucche al pascolo, strade ombreggiate da maestosi tigli, casette modeste e pulite, e meravigliose osterie.
Per lui conta il piacere proprio che gli dà questo movimento tra curiosare e incrociare vite degli altri, fermarsi davanti a una finestra dove una ragazza canta un aria di Mozart, oppure consultarsi con il suo libraio su quale libro leggere, senza poi acquistarlo.
Entrare in banca e scoprire di avere avuto un accredito da parte di "un’associazione o gruppo di signore caritatevoli e filantrope, animate da simpatia nei suoi riguardi", recarsi nell'ufficio delle tasse e raccomandarsi con il capo ufficio che la sua cartella esattoriale sia la più leggera possibile.
Se poi incomincia a piovere si sdraia sotto un albero a sentire il crepitio dell'acqua, e la mente vola verso l'immagine di un volto femminile, nel rammarico di un amore perduto.
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Robert Walser
108 pagine
Adelphi
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