5 nov 2018

 

Storie di vampiri. Due secoli di narrativa vampirica tra amore e morte

Già dal Cinquecento al Settecento in atti giudiziari, cronache e documenti ecclesiastici vennero registrati oltre trentamila casi di vampirismo, ma in letteratura bisognerà aspettare gli inizi del 1800 con l'apparizione del racconto Il vampiro di John William Polidori, medico e amico di Lord Byron, pubblicato nel 1819, ispirato per un gioco, nella villa di Byron dove erano riuniti anche Percy e Mary Shelley, ognuno doveva scrivere una storia del terrore, l'altro sarebbe stato Frankenstein



ill. di Frank Frazetta (particolare)


Ma il tema vampirico non si trova circoscritto solo nella narrativa, e non è legato a figure solo maschili, anche nelle liriche di Coleridge e Goethe che si cimentavano sul mito dei bevitori di sangue, insieme ad autori come Keats, Chateaubriand, Novalis, Gautier, Baudelaire, Verlaine. Mérimée spacciò come tradotte da lingue dell'est Europa una serie di ballate vampiriche che aveva composto egli stesso. Insomma il mito del vampiro sia di origini nobile che contadine incominciava ad appassionare i lettori.




IL GIUDICE: Ma lei che cosa voleva fare di quella bambina?
LÉGER: Vostro Onore, mangiarla.
IL GIUDICE: E perché ha bevuto il suo sangue?
LÉGER: Vostro Onore, ebbi sete.
(Dalla deposizione del vampiro Antoine Léger, ghigliottinato nel 1824 in seguito a sentenza del Tribunale di Versailles)

La raccolta Storie di vampiri curata da Giovanni Pilo e Sebastiano fusco ci propone due secoli di narrativa tra romanzi brevi e racconti, sulla figura di questo essere malefico conosciuto in tutta Europa con nomi diversi.

I Polacchi lo chiamavano Upir.  In una parte della Russia era Mjertovjek, considerato figlio di un lupo mannaro e di una strega. Per Serbi e Montenegrini il suo nome era Vurdalak, in vita era stato un uomo dalla condotta riprovevole. 
Da Morlacchi e Macedoni era detto Vrukolak, ed era molto temuto, perché il suo richiamo notturno causava la morte di chi gli rispondeva, e così via per giungere con il termine a noi più noto "Vampiro" il morto bevitore di sangue, che proviene dall'Europa baltico-balcanica, da dove gran parte delle leggende sono giunte fino a noi.

Il libro parte da questa premessa storico-sociale, con capitoli sulla vita sessuale dei morti, la Transilvania, il prima e il dopo Dracula di Stoker, per arrivare ai giorni nostri sia in campo narrativo che cinematografico.
Una raccolta di oltre settanta tra racconti e romanzi di autori noti e poco noti con appendici, filmografia, bibliografia e schede degli autori, un corpus quasi completo sul tema.


Uno dei numerosi kit per la caccia ai vampiri di fine '800


L'abate Augustin Calmet (1672-1757), religioso benedettino, citato da Voltaire nel suo Dizionario Filosofico, racconta nel suo trattato Dissertazioni sopra le apparizioni degli spiriti e sopra i vampiri o i redivivi d'Ungheria, a proposito dell'esumazione del vampiro Pietro Plogojovits, nel 1725 in Ungheria a Kisolova, dove le autorità inviarono una deputazione composta da militari e civili, "soggetti irreprensibili e illuminati", in un villaggio dove questo vampiro, morto da alcuni anni, nel giro di quindici giorni, aveva fatto una mezza strage dei suoi parenti.

Ne aveva già uccisi tre succhiandogli il sangue, l'ultima vittima era la sua bella nipote che si trovava in uno stato miserabile di debolezza, ma ancora viva. I commissari si recarono alla tomba dell'indiziato, sotterrato da almeno tre anni. Quando l'aprirono, notarono con stupore un certo splendore "simile a quello di una lampada".

Il corpo era integro e in apparenza sano, occhi socchiusi, capelli e barba, unghie e denti erano integri. Preso il cadavere gli trapassarono il cuore con una lancia di ferro. Ne uscì una materia biancastra, un fluido misto a sangue, ma senza cattivo odore. Poi gli tagliarono la testa con un accetta e dal cuore ne usci il solito fluido misto. Lo riposero nella fossa coprendolo con la calce viva. Da allora la giovane nipote cominciò a migliorare di salute.


Scriveva Paul Barber nel suo saggio (che sarebbe da ristampare) Vampiri, sepoltura e morte (Vampires, Burial, and Death: Folklore and Reality 1988):

«Se un tipico vampiro dovesse presentarsi a casa vostra, è probabile che vi ritrovereste sulla soglia di casa uno slavo grassoccio con le unghie lunghe e la barba ispida, gli occhi e la bocca spalancati, la faccia gonfia e rubizza. 
Abbigliato in maniera informale, con un sudario di lino, apparirebbe agli occhi di tutti come un contadino lacero. Se non l'avete riconosciuto è perché vi aspettavate un gentiluomo alto ed elegante con un mantello nero. Ma questo sarebbe il vampiro della letteratura e del cinema... » (non il vero vampiro o revenant delle credenze popolari). »

Se un mito o una leggenda vaga per secoli nel folklore locale non solo in Europa, ma anche in Asia e in altre parti del mondo, su questi revenants, (persone morte che essendo morte prima che venisse il loro momento, si rifiutano di restare morte, ma ritornano a portare la morte ad amici e vicini), forse una parte di verità esiste, specie sulla paura dei morti, che nasce alla vista della "vitalità" dei cadaveri e delle trasformazioni fisiche a cui i corpi sono soggetti dopo la morte, prima di finire in puri scheletri inoffensivi. 

I morti incolpati di portare malattie e decessi, per gelosia, rabbia e nostalgia cercano di portare i vivi nel loro regno. E questi, i vivi, per impedirlo tentano di neutralizzare questi morti con riti di sepoltura anomali, "uccidendoli" ancora una volta, con paletti, mattoni in bocca o tagliando arti per impedirgli di uscire dai loro loculi. Solo quando il nudo scheletro, simbolo nella nostra cultura di terrore e morte, diventa la prova concreta che il corpo morto è finalmente innocuo, i vivi sono (forse) fuori pericolo.








Il libro

Titolo: STORIE DI VAMPIRI
Autore: a cura di Gianni Pilo e Sebastiano Fusco
Editore: Newton Compton
Anno: 2018
Pagine: 1011














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