In questo curioso libro la giornalista Deirdre Mask ci spiega che gli indirizzi stradali hanno il potere di rivelare storia, identità, ricchezza e potere.
«Vogliamo sapere, per andare dove dobbiamo andare, per dove dobbiamo andare? Sa, è una semplice informazione».
Apparentemente semplice ma tutt’altro che scontata, la domanda che Totò rivolge a un vigile nella Milano del 1956, in Totò Peppino e la malafemmina, uno dei paradossi della contemporaneità urbana.
"È il paradosso di volersi orientare senza avere direzioni prescritte, di trovare una collocazione senza restare immobili, di guardare alla propria storia guardando anche a quella altrui, in altri termini, il paradosso di venire a patti con una collettività definita, che inevitabilmente definisce." scrive nella prefazione del libro Liza Candidi.
L'autrice del volume Le vie che orientano (Bollati Boringhieri) Deirdre Mask, è una giornalista americana che vive a Londra, indaga su storici, scienziati, burocrati e vari cittadini affascinanti, guidando il lettore attraverso quattro continenti nella sua divertente ricerca per rintracciare le origini e le implicazioni dei nomi delle strade su cui noi risiediamo.
Molti lettori presumono probabilmente che un indirizzo esista principalmente per ricevere posta dall'ufficio postale o da altri. In questo interessante libro - che apre gli occhi al lettore - l'autrice dimostra chiaramente che questo costituisce solo una piccola parte del significato che hanno avuto gli indirizzi, non solo oggi, ma nel corso della storia umana. Avventurandosi fin dai tempi antichi.
Tutt'altro che banale, la ricerca insolita ha molte sfaccettature. Oltre alle strade citate dai nomi anglosassoni si accennano anche quelle romane, insieme ad altre costellate da risvolti razziali e politici.
Dalla Germania nazista all'Iran "irlandese"
Attraversiamo la Germania nazista, che ha cambiato i nomi delle strade un tempo identificativi delle abitazioni dove vivevano diversi ebrei, rendendo più facile per loro essere radunati e inviati ai campi di sterminio.
Poi rileviamo una insolita linea di congiunzione tra l'Irlanda del Nord e Teheran, dove Winston Churchill Street è stata ribattezzata dagli iraniani, con sgomento dell'ambasciata britannica, al rivoluzionario irlandese Bobby Sands e ci spiega il perché.
Fa notare che Tokyo ha strade senza nome in abbondanza. Questo fatto, dice Mask, potrebbe avere qualcosa a che fare con la struttura della lingua giapponese scritta, che enfatizza blocchi di caratteri piuttosto che (come in inglese) righe di lettere.
Seguendo un'epidemia di colera haitiana, descrive come la mancanza di indirizzi stradali in certi luoghi possa essere una questione di vita o di morte.
Tanto per rimanere in tema: «Le mappe sono il nostro modo di organizzare i dati» dice intervistato Tom Koch, esperto mondiale di mappatura delle malattie, dal suo studio in Canada. «Ci permettono di prendere le idee e collocarle in un argomento efficace».
Il West Virginia e le strade dell'antica Roma
Nell'antica Roma le strade prendevano spesso il nome dei loro costruttori, alcune vie cittadine avevano nomi dei commercianti, come Vicus Unguentarius («via dei profumi»), Vicus Frumentarius («via del frumento»).
Ma alcuni studiosi hanno concluso che le strade di Roma, con la loro estensione pari a un centinaio di chilometri, erano per lo più senza nome.
Allora come si orientavano gli antichi romani?
Quasi come alcuni abitanti del West Virginia di oggi, ovvero per indicazioni e riferimenti.
«Un messaggio sul collare di uno schiavo esorta il lettore a riportarlo nella bottega di un barbiere vicino al tempio di Flora. Un ufficiale dice di prendere la «strada che va dal vicolo del tempio di Giunone Lucina al tempio di Matuta, e la discesa [...] dall’arco di Giano alla stazione dei carrettieri di Porta Stellatina».
Se le strade erano anonime, i romani però avevano molti termini per indicarle: un pons (ponte) serviva per passare sopra l’acqua, Un forum (foro) era uno spazio aperto in cui si tenevano processi, elezioni, campagne politiche, attività bancarie e spettacoli di strada, e così via. Le prostitute lavoravano sulle viae, ma quelle di ceto basso, invecchiando, si spostavano anche negli angiportum.
Gli strani e osceni appellativi delle strade londinesi
Il capitolo sui nomi londinesi è abbastanza divertente.
«Leggere i toponimi dei paesi e delle città inglesi equivale a fare un delizioso viaggio nel tempo. A Londra, nomi come Honey Lane, Bread Street e Poultry (miele, pane, pollame) rievocano i mercati che un tempo si svolgevano in quelle vie. Fish Street Hill, sede di un antico mercato del pesce, una volta si chiamava New Fish Market, per non confonderlo con Old Fish Street, dove si teneva un altro mercato. Pudding Lane, dove ebbe inizio il Grande Incendio di Londra del 1666, probabilmente non si riferiva a un dolce simile a un budino, ma alle interiora degli animali (offal pudding)».
Gli inglesi, dice, si vantano spesso dei loro toponimi sconci, anche se per capirli ci vuole una certa dimestichezza con lo slang. Osserva l'autrice che ora capiva perché autobus carichi di turisti si fermavano per fotografare cartelli come Cracknuts Lane («vicolo dell’imbecille»), St. Gregory’s Back Alley («vicolo del deretano di san Gregorio»), Slutshole Road («via del buco delle sgualdrine») e Cockshut Lane (cock è un termine volgare per indicare il pene). Anche se poi alcuni sono stati modificati.
Quando gli indirizzi hanno altre finalità
La regina Maria Teresa d'Austria nel XVIII secolo ordinò il conteggio di tutti gli uomini abili al servizio militare nei suoi territori. Però sorgeva un problema: non esisteva un sistema efficace per contare le persone nelle aree densamente popolate tra dedali e viuzze, ne tantomeno distinguere le abitazioni.
Maria Teresa troverà la soluzione facendo numerare le case. Assegnando un numero a ogni porta e compilando un elenco degli occupanti, così avrebbe messo fine all’anonimato degli edifici, scoprendo quanti uomini in età da servizio militare ci vivevano.
"Più di 1700 funzionari e ufficiali si sparpagliarono per tutto l’impero. Appena entravano in un villaggio, un pittore professionista tracciava un numero su ciascun muro, con una pittura nera e densa a base di olio e ossa bollite."
Compilarono moduli prestampati registrando tutto. Ancora oggi a Vienna questi numeri civici sono visibili cifre eleganti e sottili su sfondo bianco.
Numero civico 1343 assegnato nel 1772 a una abitazione di Vienna, a Ballgasse 8.
sopra al centro un numero di orientamento basato sulla topografia del 1862
Nel Settecento si sviluppò la grande impresa di numerare le abitazioni, una delle più importanti innovazioni dell'Illuminismo, un secolo ossessionato dall'idea di classificare e ordinare tutto. Ma da parte dei cittadini c'era un certo timore per la propria libertà: "Se lo stato non ti numerava, se non ti arruolava, se non ti vedeva, allora non diventavi di sua proprietà: eri davvero un uomo libero".
Se da un lato c'era l'idea di orientarsi in una città, dall'altra i numeri civici potevano ritorcersi contro i poveri cittadini rendendoli vulnerabili e facilmente rintracciabili dallo stato per pagare le tasse o per renderli reperibili in caso di reati.
"I numeri civici esistono non per aiutare i cittadini a trovare la strada, ma per aiutare il governo a trovare i cittadini".
In un capitolo dedicato alla città di Philadelphia, riferisce che questa ha aperto la strada all'innovazione dei "numeri dispari su un lato di una strada, numeri pari sull'altro" ma la vera destinazione per la numerazione è essenzialmente disumanizzante.
Nella popolosa Calcutta di oggi, un assistente sociale indiano dedito all'assegnazione di indirizzi stradali nei bassifondi della metropoli, fa in modo che gli abitanti possano richiedere passaporti e aprire conti bancari che consentiranno loro di risparmiare denaro, prendere in prestito denaro o ricevere una pensione statale. "Senza indirizzo, è quasi impossibile aprire un conto corrente. E senza conto corrente non puoi mettere da parte dei risparmi, ottenere un prestito, ricevere una pensione statale".
L’indirizzo, qualunque sia il paese, è una componente essenziale dell’identità.
Roland Barthes, il critico letterario francese, durante un soggiorno a Tokyo si lamentava che le strade non hanno un nome. "Nella capitale giapponese, invece di dare un nome alle vie, si numerano gli isolati; le vie sono semplicemente gli spazi tra gli isolati. Inoltre, nella maggior parte dei casi, gli edifici sono numerati non in ordine geografico ma in base alla data di costruzione".
Anche il nome della strada prescelta può fare la differenza nel determinare il prezzo di un immobile a New York, per esempio, alcuni nomi hanno un valore su altri poiché rivelano aspetti importanti della strada stessa come chi vive in un "Boulevard" ha molti vicini di casa rispetto a chi vive in un "Lane".
Deirdre Mask si sofferma anche sui senza tetto. "Per definizione, una persona senza fissa dimora non ha una dimora. Ma un indirizzo non è una dimora. Oggi, un indirizzo è un’identità: il modo in cui la società verifica non solo che sei una persona, ma anche che sei la persona che dici di essere".
Le vie che orientano ci dà delle interessanti risposte alla domanda "Perché gli indirizzi stradali sono importanti? " in un libro straordinario di storia sociologica e attualità.
Il libro consigliato
Titolo: LE VIE CHE ORIENTANO
Autore: Deirdre Mask
Editore: Bollati Boringhieri
Anno: 2020
Pagine: 402
Traduzione: Francesca Pe'
Nessun commento :
Posta un commento