In questo romanzo un medico ricorda turbamenti e traumi del suo passato.
Il narratore di Malempin è il dottor Édouard Malempin, un medico di mezza età che vive a Parigi con la moglie Jeanne e i due figli, Jean e Bilot. L'apparente tranquillità della vita del dottore viene turbata dalla malattia del figlio minore, Bilot, colpito da difterite. La malattia del bambino costringerà il medico a confrontarsi con la fragilità della vita e a ripercorrere il proprio passato alla ricerca di risposte.
Con l'auto nuova il dottor Malempin si sta preparando ad andare in vacanza con la famiglia, quando il figlio più giovane Jérôme, di otto anni, soprannominato Bilot dal fratello, viene colpito da una difterite.
La famiglia vive momenti di angoscia e Malempin si rivolge a un collega per garantire l'obiettività delle cure prestate al bambino.
Nel frattempo, al capezzale del figlio, la malattia del piccolo Bilot risveglia dei ricordi nel dottore.
Trova un quaderno di scuola e inizia a scrivere un diario per riflettere sulla propria vita: quale immagine conserva del proprio padre? Cosa ricorderà Bilot di lui?
Il presente e il passato si mescoleranno, i ricordi ritorneranno frammentati, l'uno richiama l'altro e strane e preoccupanti domande sui suoi genitori turberanno la sua mente e quella del lettore.
Affiorano una serie di ricordi legati alla sua infanzia trascorsa ad Arcey, un piccolo paese di campagna. In particolare, riemergono nella mente episodi legati a misteriosi eventi che coinvolsero lo zio Tesson, dall'ambigua attività di strozzino, scomparso in circostanze sospette, e la zia Élise, figura eccentrica ossessionata dal denaro.
Il giovane Malempin arriverà a sospettare che i suoi genitori siano coinvolti nella scomparsa dello zio Tesson, forse per motivi economici. La fattoria che la madre aveva comprato era costata molti sacrifici ancora da ripagare.
Il dottore cerca quindi di ricostruire gli eventi del passato per comprendere la verità, ma la sua memoria appare frammentaria e confusa.
La sua famiglia, in particolare la madre, vive secondo rigide regole di comportamento, dove le verità essenziali vengono taciute con pudore. Questo silenzio crea un'atmosfera di mistero e ambiguità che permea tutta l'infanzia di Édouard.
L'episodio della scomparsa dello zio Tesson è emblematico di questo silenzio: Édouard è consapevole che c'è un segreto, ma nessuno gliene parla apertamente.
Questa mancanza di comunicazione genera in lui una sensazione di spaesamento e di distacco dalla realtà. Il ricordo di quell'evento, e il silenzio che lo circonda, continuerà a perseguitarlo anche da adulto.
La figura paterna è oscurata dalla presenza dominante della madre, creando una certa distanza nel rapporto con il padre. Édouard ha pochi ricordi concreti di lui e fatica a ricostruire l'immagine di un uomo forte e ambizioso, ma dominato dalla moglie e segnato dal vizio dell'alcol.
Attraverso la minuziosa rappresentazione dei dettagli della vita familiare e sociale, Simenon costruisce un'atmosfera di incertezza che avvolge il protagonista.
La vita per il narratore Édouard è stata un periodo complesso e formativo, segnato da eventi per lui misteriosi con relazioni difficili: c'erano le visite domenicali a casa dello zio Tesson, in realtà prozio, un rituale carico di tensione e di ostilità tra la madre e la zia Élise moglie dello zio. La sua scomparsa getterà un'ombra sulla famiglia portando sospetti e indagini.
Ricorda ancora quando vennero i gendarmi per le indagini: stavano seduti in un angolo con le gambe divaricate a bere un bicchierino e a interrogare la madre quando aveva visto lo zio l'ultima volta, mentre annotavano tutto sul taccuino.
Édouard crede che la madre si stia sbagliando, i due si osservano: "Quel giorno, in presenza dei gendarmi, nella cucina di cui ogni millimetro cubo faceva parte della mia vita, tra una donna di trentadue anni e un bambino ancora intontito dalla febbre nacque un segreto".
Simenon, come sempre, ci racconta la quotidianità in campagna con i rituali delle visite alle fattorie:
"Quando arrivava qualcuno tutti avevano diritto a un bicchierino di bianco, ai gendarmi, che talvolta venivano per un furto di polli o per qualche formalità, si serviva l’acquavite dalla caraffa, una caraffa di cristallo smerigliato, con il suo vassoio d’argento e i suoi sei bicchieri dal gambo lungo; la stessa caraffa che, il primo gennaio, si usava per tutti gli uomini; infine, gli ospiti di città, come zio Tesson, avevano diritto a un aperitivo liquoroso e, di conseguenza, a dei biscotti secchi."
Inoltre cita l'episodio della madre quando gli dava pane e burro e un pezzo di cioccolato per non ingozzarsi troppo quando facevano visita agli zii.
Dopo la scomparsa di Tesson, la zia Élise si prenderà cura di Édouard, offrendogli un ambiente diverso da quello della fattoria, ma ugualmente segnato da eccentricità e instabilità emotiva. Édouard crede per certi versi che la madre lo abbia mandato dalla zia perchè lui intuiva la verità sulla scomparsa dello zio.
Il ritrovamento del gemello d'oro nella discarica rappresenta un punto di svolta nel racconto e nella vita di Édouard.
Questo evento, apparentemente insignificante, scatenerà una serie di conseguenze psicologiche e familiari che avranno un impatto profondo sul futuro del narratore.
Il gemello d’oro col puntino rosso di un rubino apparteneva allo zio Tesson, ne era sicuro.
Diventerà da parte del ragazzo una prova tangibile della scomparsa dello zio, collegando l'oggetto al mistero e alla possibile morte dell'uomo.
La scoperta sconvolgerà profondamente il giovane Édouard, che si trova a confrontarsi con la realtà della morte e con la consapevolezza che il mondo degli adulti nasconda segreti inquietanti.
Ma la reazione di Édouard è il silenzio, sceglierà di non rivelare a nessuno la scoperta, alimentando ancora di più il mistero e la propria angoscia. Il silenzio diventa una forma di complicità involontaria, un peso che lo accompagnerà per tutta la vita.
La grande casa in rue du Chapitre, dove andrà a vivere con la zia, è testimone di vari cambiamenti nella vita di Édouard e della famiglia Tesson.
L'arrivo e la partenza delle domestiche dalla mano lesta, le visite dei pretendenti di zia Élise, il matrimonio con il signor Reculé, e la successiva discesa nella follia della zia, segnano l'evoluzione della casa da luogo di apparente stabilità a simbolo di decadenza e di disfacimento. L'eredità a cui tutti aspirano andrà, per una parte, agli studi di Édouard, l'altra in beneficenza.
Attraverso le sue stanze, i suoi oggetti e la sua atmosfera, la casa contribuisce a creare un'immagine vivida e inquietante della complessità dei rapporti familiari e del peso dei segreti del passato. La torta di mele comprata al forno, oggetto di disprezzo, diventa un simbolo delle differenze di classe e di stile di vita tra le due famiglie.
Non mancano momenti di apprensione quando la realtà incombe e distoglie Édouard dai suoi pensieri.
Il piccolo va controllato e occore essere pronti a chiamare lo specialista, il dottor Morin, anche se si trova nel bel mezzo di un ricevimento di medici a sera inoltrata.
Verso la fine il bimbo nel suo letto gli chiede cosa gli ha portato, lui non sa cosa rispondere. Alla bambina malata in ospedale gli aveva portato una bambola, gli viene in mente una frase "me stesso", geloso per lo sguardo che figlio e madre si scambiano, uno sguardo dal quale si sente escluso.
Il romanzo venne pubblicato nel 1940 in Francia, in Italia per Mondadori nel 1960 col titolo "Ricordi proibiti". Ora ripubblicato in nuova edizione e traduzione per Adelphi.
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Titolo: MALEMPIN
Autore: Georges Simenon
Editore: Adelphi
Anno: 2024
Pagine: 142
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