Lo scrittore francese François Garde nel suo libro Il ritorno del naufrago (Corbaccio) ci porta alla conoscenza di Narcisse Pelletier, un giovane marinaio francese approdato verso la metà del XIX secolo insieme ad altri suoi compagni in una costa inesplorata dell' Australia per fare rifornimento di acqua dolce. Allontanatosi troppo dal gruppo e poi ritenuto disperso, viene lasciato solo in balia di questa terra desolata. Intorno, c'e la scogliera e il mare, un sole tropicale addolcito da una leggera brezza.
Il panico in primo luogo si impossessa di lui. Il naufrago non ha nulla per sopravvivere "Non aveva con sé niente da bere né da mangiare, nessun mezzo per accendere un fuoco. Il coltello che portava alla cintura e i vestiti che aveva indosso erano i suoi unici beni" . Per prima cosa con alcuni rami crea una fascina di legni appuntiti come arma di difesa, cercando nel frattempo un giaciglio per la notte. L'unico paese civilizzato era Sidney lontano molte centinaia di leghe nautiche. Egli pensa che torneranno a cercarlo
La fame e la solitudine gli pesano come macigni, tenta di costruire invano una trappola per catturare i pesci. Preso dalla disperazione dall'alto di una roccia urlerà il suo nome "Io sono Narcisse Pelletier, marinaio della goletta Saint-Paul". Con alcuni blocchi di roccia costruirà una freccia immensa nella speranza che qualcuno dal mare possa notarla. Pensieri suicidi si impossessano di lui dopo alcuni giorni " Quando alla fine giunse il fresco della sera, si abbandonò all’idea di morire lì, in mezzo alla sabbia, lontano da tutti".
A questo punto la narrazione cambia e iniziano una serie di lettere dell'esploratore Octave de Vallombrun che ha sentito parlare un giorno di un selvaggio bianco, seminudo, tatuato e che parla poche parole di francese, si racconta sia stato trovato su una spiaggia da una nave inglese, la John Bell , portato a bordo, e poi tenuto nella prigione del governatore della città. Il superstite non è altro che Narcisse Pelletier. O perlomeno ciò che è diventato, diciassette anni dopo il suo arrivo nella baia.
"Benché la sua gioia fosse visibile, le parole si rifiutavano di tornargli in mente, e se ne dispiacque fino alle lacrime. Perciò insistei Narcisse? È proprio così, ragazzo mio? Tu ti chiami Narcisse? - R’sis - confermò mettendosi la mano sul cuore. Restammo allora muti, entrambi emozionati da quel primo contatto. Io lo fissavo senza posa, come se il suo viso potesse rivelarmi il segreto della sua esistenza".
Ispirato alla storia vera di Narcisse Pelletier (1844-1894) abbandonato all'età di 14 anni nelle coste australiane e 'adottato' da una tribù locale per 17 anni, lo scrittore François Garde ne ricava un romanzo che si scosta molto dall'opera di DeFoe perché il suo interesse volge verso il lato psicologico di questa avventura e verso l'integrazione. Narcisse nel corso degli anni ha pienamente abbracciato lo stile di vita, la lingua, la mentalità della sua tribù e l'adozione dimenticando la propria cultura.
Il personaggio (fittizio) dell'esploratore della Società geografica Octave de Vlalombrun spera di ricavare da questo incredibile caso delle preziose informazioni sulle abitudini e le usanze dei popoli indigeni. Queste informazioni, vengono date al lettore attraverso i capitoli della vita di Narcisse dopo il suo abbandono sollevando riflessioni sulla diversità e l'integrazione. L'autore evidenzia il fatto che non possiamo capire un'altra cultura senza considerare la nostra quando i nostri principi non sono più applicabili. Sottolinea l'importanza della lingua per comunicare e integrarsi in un gruppo sociale, la lingua qui è anche un effetto della cultura di questo gruppo tribale.
François Garde considera anche l'acquisizione di questa avventura da parte della società del tempo, come una curiosità morbosa, con il sospetto di frode, senza pur mettere da parte la possibilità che il nostro superstite sia realmente pazzo.
L'autore indica chiaramente la differenza tra la storia della vita di Narcisse e le lettere di Octave dove si notano molti cambiamenti di tono, e l'utilizzo del metodo epistolare poi permette al lettore di immedesimarsi con Octave mettendosi in discussione nello stesso tempo con lui e partecipando con tutta la sua frustrazione al mutismo del suo protetto. Il personaggio di Octave si rivela molto toccante per la sua lotta nel riconoscere l'importanza di studiare il caso di Narcisse e il suo desiderio di proteggerlo, nonostante l'equivoco della sua famiglia e l'ostile ambiente professionale.
- Il libro
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