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2 nov 2021

C'ero anch'io sul quel treno. La vera storia dei bambini che unirono l'Italia

Nel libro di Giovanni Rinaldi un' incredibile storia di solidarietà chiamata, i Treni della felicità, con i bambini del sud Italia accolti al Nord, un evento quasi ignorato accaduto nel dopoguerra in un paese tra miseria e fame. Per non dimenticare. 

treni felicità


Giovanni Rinaldi raccoglie da oltre venti anni le storie dei bambini inviati con i treni dal sud al nord del paese i cosiddetti "Treni della felicità" a cui un recente romanzo si è ispirato. Partendo dalla sua terra, il Tavoliere delle Puglie, ha viaggiato in ogni regione d’Italia parlando con tanti ex bambini che ora anziani vivono di quei ricordi come momenti felici, ospitati da famiglie in Emilia Romagna, Marche e in altre regioni del nord, aiutati dai dirigenti dell’Udi, Unione donne italiane, Teresa Noce scriveva: 

«I bambini affamati erano tanti. Cominciava il tempo umido e freddo e non c’era carbone. I casi pietosi erano molti, moltissimi. Bambini che dormivano in casse di segatura per avere meno freddo, senza lenzuola e senza coperte. Bambini rimasti soli o con parenti anziani che non avevano la forza e i mezzi per curarsi di loro.» 

Per esempio c'era Franco che non aveva mai dormito in un letto pulito. Severino che non era mai andato in vacanza al mare. Dante che non sapeva cosa fosse una brioche. Rosanna che non voleva più togliere l’abito verde ricevuto in regalo, il primo con cui si sentiva bella. 

Con le loro voci e un’accurata ricostruzione storica Rinaldi disegna un mosaico di testimonianze di prima mano, divertenti e talvolta commoventi: il ritratto di un’Italia popolare eppure profondamente nobile.

Il compito dell’Unione Donne Italiane fu molto difficile, aiutate anche dai dirigenti del PCI si impegnarono a salvare i bambini del Sud che vivevano in estrema povertà, facendoli accogliere da famiglie del Centro-Nord, spesso a loro volta povere ma disposte a ospitarli per qualche mese dividendo quello che avevano. 

Vennero spesso ostacolati, specie da dicerie che venivano messe in giro dai partiti oppositori come quella classica dei "comunisti che mangiavano i bambini", che i bambini sarebbero stati mandati in Russia, oppure che una volta giunti a destinazione gli avrebbero tagliato le mani. 


"Dal Natale 1946 all’estate del 1947, circa 10.000 bambini napoletani furono trasportati in treni speciali verso le famiglie del Nord che si erano offerte di ospitarli e accudirli per alcuni mesi" fu una delle campagne più duratura ed estesa che lascerà il segno nella vita del paese. 

Ma non era solo il sud in crisi, in precedenza tra il 1945/46 oltre trentamila bambini di Milano, Roma, Torino e Cassino, città bombardate, vennero accolti dalle famiglie del Centro e del Nord d’Italia, "una grande manifestazione di solidarietà dalle sofferenze e dalle malattie e restituirli dopo mesi alle loro famiglie, irrobustiti e rasserenati". 

Giunti a destinazione i bambini venivano vestiti e rifocillati oltre che lavati, qualcuno non aveva neanche le mutande, ma più che altro per loro il lungo viaggio sembrava qualcosa di meraviglioso. 

Qualcuno di essi non aveva mai visto il mare, altri che era tanto se mangiavano una volta al giorno, adesso assegnati alle famiglie mangiavano tre volte al giorno e pure la carne, scrivendo alle loro famiglie natali che non li avrebbero riconosciuti così molto più grassi.   

Arrivavano spesso diffidenti per quello che gli era stato detto nel loro paese. Per esempio il piccolo Pasquale pareva uscito da un film di Totò, quando gli davano da mangiare a tavola finiva presto il suo piatto di maccheroni e quando avanzavano se li metteva in tasca. 

Un altro teneva sempre le mani chiuse a pugno nascoste sotto la maglia, quando gli veniva data una piadina la prendeva velocemente con le mani e poi le nascondeva "quando cominciò a fidarsi della zia, a chiamarla «zia» Ada seguendola ovunque, le disse che il parroco del paese gli aveva raccontato che a casa dei comunisti gli avrebbero tagliato le mani".

Spesso arrivavano di notte nelle stazioni, con il buio e l’atmosfera nuova e irreale che contribuisce a turbarli. 

Urlavano e piangevano perché gli avevano inculcato che andavano a finire tra le braccia dei cattivi comunisti, e proprio in Romagna molti che li ospitavano erano davvero comunisti o partigiani, ma di certo non li avrebbero trattati male, anzi col tempo molti non volevano più ritornare al povero paese e altri si ritrovavano con due madri.  "...dopo anni che avevo passato là senza niente da mangiare, poi qui ce n’era anche troppo. È stata la mamma che voleva venissi da voi, perché da noi si soffriva la fame”.» dirà Elvira. 

Giovanni Rinaldi si era imbattuto in queste storie quasi per caso mentre svolgeva ricerche sulle lotte dei braccianti in Puglia con lo sciopero di San Severo in provincia di Foggia, avvenuto nel 1950, uno sciopero con conseguenze drammatiche che costò l'incarcerazione di 180 manifestanti. 

Molti arrestati uomini e donne, avevano figli che sarebbero rimasti soli per mesi se non anni, in attesa del processo e dell'assoluzione dei genitori, che arriverà nel '52, quindi venne a conoscenza che circa cento bambini vennero mandati presso delle famiglie in Romagna e nelle Marche per essere assistiti grazie a una rete di solidarietà coordinata principalmente dai partiti della sinistra. 

Famiglie emiliane, toscane e liguri accolsero oltre 70 mila bambini, da zone martoriate dai bombardamenti o alluvionate, come accadde poi per il Polesine nel 1951. 

Rinaldi, quasi come un detective, segue indizi e mette insieme le storie, si reca nei luoghi, intervista i  familiari di questi bambini che avevano sentito parlare di sfuggita, e con abilità riesce a fare ritrovare una umanità che vive solo nei ricordi di nonni o parenti. A volte la ricerca arriva troppo tardi, altre volte riesce nel segno e ad assegnare dei nomi a ricordi annebbiati, restituendo con commozione momenti di difficoltà, di altruismo e ottimismo. 

Le storie sono una cosa strana, hanno questo potere straordinario di «collegarci» anche quando età, esperienze e spazi ci dividono. Hanno una loro volontà, e sono capaci di attraversare il tempo, le vite e le generazioni, per parlarci con la loro voce di altri mondi possibili e ci ricordano che esiste sempre, anche quando sembra più facile costruire muri piuttosto che ponti, un’altra strada. La storia «degli altri» ci regala sempre qualcosa di noi, un qualcosa di molto gradito, quanto inaspettato. Quando succede, è proprio una magia.



L'autore 

Giovanni Rinaldi (Cerignola, 1954) è ricercatore di storie orali, fotografo e documentarista antropologico. Ha fondato e diretto il Progetto Casa Di Vittorio. È autore di La memoria che resta. Vita quotidiana, mito e storia dei braccianti nel Tavoliere di Puglia (con Paola Sobrero, 1981, n.e. Aramirè 2004) e di I treni della felicità. Storie di bambini in viaggio tra due Italie (Ediesse 2009).


giovanni rinaldi treno dei bambini


IL LIBRO


Titolo: C’ERO ANCH’IO SUL QUEL TRENO

Autore: Giovanni Rinaldi

Editore: Solferino

Anno: 2021

Pagine: 320





2 commenti :

  1. Ne ha già parlato Viola Ardone ne "Il treno dei bambini"

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    1. Viola Ardone pare si sia ispirata proprio a una di queste storie, come accennato all'inizio dell'articolo.

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