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27 apr 2016

Il cioccolato nei libri. 10 romanzi da leggere

Letteratura e benefici del cioccolato: un amore comune

Cioccolato e libri vanno pienamente d'accordo per tanti buoni motivi. Nelle loro opere scrittori come Manzoni, Dickens, Kerouac, Joyce, Laura Esquivel, Joanne Harris, Garcia Marquez ne parlano sia in maniera ironica che sensuale come vedremo. Ma non finisce qui. Il cioccolato stesso ha una storia lunga 3000 anni e molto spesso si mescola con la letteratura.

cioccolata-pixabay




  • I benefici del cioccolato

Due parole intanto sui benefici del cioccolato i "superpoteri" di questo alimento per esempio influiscono sulla memoria: scienziati affermano che previene il declino mentale così gustandolo ricorderemo meglio quello che era successo nelle pagine precedenti delle nostre letture. Se poi per certi versi proseguire la lettura di un libro può essere noioso ci si può trastullare con un cioccolatino premiandoci alla fine di ogni capitolo.
La lettura sotto il sole può essere piacevole ma ricordiamoci che può fare male alla pelle, ecco allora che ci viene in aiuto il cioccolato fondente che con i suoi flavonoidi può aiutare a proteggere la pelle contro i danni del sole.


Un po' di storia


Le origini e lo sviluppo del cioccolato nel XVIII secolo

Il cacao venne portato in Europa durante il XVI secolo dagli esploratori spagnoli. Ma ci misero parecchio per capire l'utilità di questi strani fagioli amari, finché non scoprirono che si poteva miscelare con acqua, zucchero, uova e latte. Questa prima creazione di cioccolata calda si riteneva avesse proprietà medicinali e divenne presto una bevanda sociale alla moda servita nei caffè per persone facoltose e gruppi di intellettuali. 


Lo scrittore inglese Isaac D'Israeli (1766 - 1848) nel suo Introduction of Tea, Coffee, and Chocolate scrive che l'uso smodato di cioccolata nel XVII secolo, era considerato così violento da suscitare delle insolite passioni con tanto di divieto ai monaci di berlo.

Considerato stimolante e afrodisiaco il consumo combinato con tè e caffè era divenuto sospetto e il re Carlo II decise di metterli fuori legge come delle vere e proprie droghe.


coffee-house-1668

Fu solo nei primi anni del XVIII secolo che - oltre all'Inghilterra - si sviluppò un certo business.
In Italia, specie a Venezia, verranno create insieme ai Caffè, le Case della cioccolata, luoghi dove nobili e intellettuali si potevano sedere e gustare la miracolosa bevanda fra una discussione e una lettura di giornale.

Carlo Goldoni , egli stesso gran bevitore della cioccolata, la citerà nella sua commedia  La bottega del caffè  dove una cioccolata serve come scommessa, bevanda ripresa poi anche nella Locandiera.



La bottega del caffè - Goldoni


I clienti meno abbienti dei coffee-house pensavano però alle loro borse: il cioccolato era più caro del caffè, ma il tè era il più costoso di tutti. Il caffè forniva un maggiore stimolo per un minimo esborso, probabilmente fu questo il motivo per cui le "coffee-house" ebbero più successo delle "chocolate-house".

Gasparo Gozzi intellettuale e fondatore della Gazzetta Veneta (1713 - 1786) nel 1760 elogiava la cioccolata nella sua Gazzetta   presentando Giovanni Trento, fabbricatore di cioccolata, come uno dei migliori di Venezia:
"L'abbrustolatura del Caccao, come sopra, le dà il sapore assai grato, ed aumenta la rendita nella macinatura. Il Buttiro suddetto la rende nutritiva, salubre, delicata, soave...Chi vuol servirsi dell'opera sua sappia, ch'egli abita a Sant'Angiolo in calle della Cortesia sopra la Bottega da Acque al primo piano, e chi volesse della sua Cioccolata la troverà al Caffè di S. Marciliano... Avvisasi in oltre il Pubblico, che sendo il Buttiro di Caccao per le sue qualità benefiche assai conosciuto, ed usato, il suddetto Giovanni Trento ha l'arte di fabbricarlo in modo, che mai irrancidisce, come all'incontrario accade pur troppo quando non sia con tal perfezione manipolato, ed i Signori Speziali ne possono fare testimonianza."


Giovanni Francesco Pivati nel suo Nuovo Dizionario Scientifico del 1746 scriveva che la cioccolata:
"In qualunque maniera sia presa è un buon ristoratore per rimettere le forze resiste alla malignità degli umori, fortifica lo stomaco, il cervello e altre parti vitali. Eccita la digestione e abbassa i fumi del vino in specie la mattina del dopopranzo".


Giacomo Casanova nella sua autobiografica Storia della mia vita non se ne perde una tazza, per rinvigorirsi la sorseggia e la cita più di 100 volte.


Anche Alessandro Manzoni non è da meno, e fa prendere alla sua Gertrude "una chicchera di cioccolata" per ridestarsi.



Comunque occorrerà aspettare la fine della Rivoluzione Industriale per trasformarla da prodotto d'élite ad alimento per le masse, che da liquido si trasformerà in tavolette, praline di cioccolato e tante altre gustose forme.



Dickens: la satira in Casa desolata e Le due città 

Il classico signore alla moda che consumava una bevanda di lusso nelle case della cioccolata divenne una figura leggendaria e  anche ironica. Lo si nota chiaramente in alcuni romanzi di Charles Dickens.
In  Casa desolata  (1853) l'anziana impoverita signorina Flite rivela le sue pretese aristocratiche ormai fuori uso sulle abitudini di bere cioccolata. La cioccolata veniva bevuta da coloro che desideravano mantenere i legami e i privilegi con l'aristocrazia.


Charles Darnay and The Marquis ( victorianweb)
Monsignore e la cioccolata



Nel Racconto delle due città (1859), Dickens ne fa un ritratto satirico sull'aristocrazia francese della fine del XVIII secolo :
"Monsignore era nell’atto di prendere la sua cioccolata. Monsignore poteva trangugiare facilmente una gran quantità di cose, e alcuni pochi malcontenti supponevano che stesse trangugiando piuttosto rapidamente la Francia; ma la sua cioccolata mattutina non poteva arrivare fino alla bocca di monsignore, senza l’aiuto di quattro uomini validi, oltre il cuoco. Sì. Occorrevano quattro uomini, tutti e quattro fiammanti di fulgide decorazioni, e il loro capo incapace di esistere senza avere in tasca almeno due orologi d’oro, secondo la nobile e modesta abitudine inaugurata da monsignore, per condurre la felice cioccolata alle labbra di monsignore. 

Un valletto portava la caffettiera di cioccolata alla sacra presenza; un secondo l’agitava fino a farla schiumare col piccolo strumento che portava per quella funzione; un terzo presentava l’avventurato tovagliolo; un quarto (quello dai due orologi d’oro) versava la cioccolata. Era impossibile per monsignore fare a meno di quei valletti della cioccolata e mantenere il suo alto posto sotto i cieli ammirati. Una gran macchia si sarebbe diffusa sul suo stemma, se la cioccolata fosse stata servita soltanto da tre persone: e se fosse stata servita da due egli sarebbe addirittura morto"

L'appellativo "Monsignore" viene utilizzato per riferirsi sia a un aristocratico che in generale alla classe di aristocratici rifugiati in Inghilterra.







La cioccolata di Joyce in Gente di Dublino 
e quella di Kerouac ne I vagabondi del Dharma


Agli inizi del XX secolo questa dolcezza diventerà conveniente e ordinaria, venduta nei negozi come cita Joyce in Gente di Dublino, (Un incontro) : 
"La giornata s’era fatta afosa e nelle vetrine di droghiere stavano a scolorire biscotti ammuffiti. Ci comprammo un po’ di biscotti e di cioccolata e ce li mangiammo pian piano vagabondando per le squallide viuzze dove abitavano le famiglie dei pescatori".




Mentre una tavoletta di cioccolata può salvare l'anima del protagonista di Kerouac nel romanzo beat
I vagabondi del Dharma:

"Gli ultimi tre chilometri di salita furono terribili e io dissi: « Japhy c'è una cosa sola che vorrei in questo momento più di qualsiasi altra al mondo, più di qualsiasi cosa abbia mai desiderato in vita mia ». Soffiavano venti freddi del crepuscolo, noi correvamo chini in avanti coi nostri zaini sul sentiero interminabile.
« Cosa? »
« Una bella tavoletta grossa di cioccolata o anche una piccola. Chissà
perché, in questo momento una tavoletta di cioccolata mi salverebbe l'anima.»
« Ecco qua il tuo buddismo, una tavoletta di cioccolata. E perché non un bel chiaro di luna in un giardino d'aranci o un cono gelato alla vaniglia? »

Tavoletta di cioccolata-pixabay




La cioccolata nella narrativa Sudamericana

Tornando alle origini, nella civiltà Azteca e Maya il cioccolato non era considerato solo una bevanda deliziosa e tonificante, ma veniva usato come una forma di moneta, inoltre, uomini facoltosi ritenevano il cioccolato elemento importante nelle cerimonie di fidanzamento e nei matrimoni non solo bevuto ma anche per scambiare i semi di cacao in occasione di matrimoni tra la sposa e lo sposo.

Miguel Ángel Asturias scrittore guatemalteco (1899-1974) nel suo epico  Uomini di mais  menziona la cioccolata nuziale :
"Cercò la pomata contro le palpitazioni di cuore. Più che altro si trattava di peso sullo stomaco. Si stese un momento. Perché poi le piaceva tanto la cioccolata? Ma era così buona la cioccolata, quella dei matrimoni, quella dei battesimi... Le feste si celebrano con la cioccolata e le torte di uccellini."




Garcia Marquez ne L'autunno del patriarca  fa usare la cioccolata al patriarca per corrompere il nunzio apostolico e ottenere la canonizzazione della madre:
"...tornò ad invitare il nunzio apostolico a bere cioccolata con biscottini nei pozzi di luce della tettoia delle bougainvillee, lo ricevette familiarmente, lui sdraiato sull'amaca, senza camicia, sventolandosi col cappello bianco, e il nunzio seduto davanti a lui con la tazza di cioccolata ardente, immune al caldo e alla polvere dentro l'aura di spigo della sottana domenicale".


cioccolata-tazza- pixabay

In Cent'anni di solitudine sempre Marquez descrive un prete che sperimenta la lievitazione con la cioccolata alzandosi di dodici centimetri dal suolo:
"Il ragazzo che aveva servito messa gli portò una tazza di cioccolato spesso e fumante che egli bevve d'un fiato. Poi si pulì le labbra con un fazzoletto che tolse dalla manica, stese le braccia e chiuse gli occhi. Allora padre Nicanor si alzò di dodici centimetri dal livello del suolo. Fu uno stratagemma convincente. Andò per parecchi giorni di casa in casa, ripetendo l'esperimento della lievitazione mediante lo stimolo della cioccolata, mentre il chierichetto raccoglieva tanto denaro in un sacco, che in meno di un mese si iniziò la costruzione del tempio."

D'altronde il nome scientifico del cacao, Theobroma cacao, dato da C. Linneo nel 1753 significa "cibo degli dei" utilizzato dai Maya per i riti religiosi, e da parte di Garcia Marquez, far risorgere un antica credenza precolombiana attraverso un uomo di fede cristiana potrebbe essere un modo per cercare di far convivere una religione con un altra.




Cioccolato fra erotismo e piacere in Joanne Harris e Laura Esquivel




Tornando alla nostra cioccolata, leggendo un libro come Chocolat di Joanne Harris se ne ha un approccio quasi erotico
"Nei sogni mi rimpinzo di cioccolatini, mi rotolo nella cioccolata, e la loro consistenza non è friabile, ma morbida come carne, come migliaia di labbra sul mio corpo, che mi divorano a piccoli morsi palpitanti. Morire a causa della loro tenera ingordigia mi sembra il culmine di tutte le tentazioni che abbia conosciuto". 
Ma anche alchemico:
 "C'è una sorta di alchimia nella trasformazione della cioccolata di base in questa pirite di ferro, la magia di un profano che anche mia madre avrebbe apprezzato...se non fosse per il calore dei fornelli, le pentole di rame, il vapore che si innalza dalla copertura che si scioglie. Gli aromi di cioccolata, di vaniglia, del rame scaldato e della cannella che si uniscono danno alla testa, sono molto invitanti".

Come invitanti e sensuali risultano le gustose ricette di Laura Esquivel in  Dolce come il cioccolato


Mangiare queste delizie durante la lettura di un libro diventa più coinvolgente di una visione tridimensionale al cinema. E aiuta il buon umore con la feniletilammina incoraggiando il cervello a rilasciare endorfine, facendoci sentire bene e completando uno dei grandi piaceri della vita: la lettura. 

Ma ora con la carta stagnola della barretta di cioccolata mi faccio un bel segnalibro, lo metto fra le pagine e mi dedico a una pausa. Devo avere da qualche parte un barattolo di crema alla nocciola…




Altri riferimenti

Sophie e Michael D. Coe

Archinto 1997

(lo trovi usato su ebay)






Sul declino mentale l'articolo di The Guardian

Sugli effetti dei flavonoidi  Ncbi (National Center for Biotechnology Information)

Sulla feniletilammina 





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