11 ago 2014

 

La vita agra di Luciano Bianciardi

Raccontato in prima persona La vita agra ci narra delle tribolazioni di un giovane toscano, intellettuale ambizioso, direttore di una biblioteca provinciale, che a causa del crollo di una miniera dove rimangono sepolti amici e compagni, si trasferisce a Milano la capitale all'epoca del boom economico. Nella frenetica Milano degli anni '60 in piena attività economica e culturale quest'uomo, con passo strascicante e con le scarpe hegeliane che fanno male per le varie peregrinazioni sulle strade caotiche della grande città, combatte una battaglia contro tutto questo fervore che gli ruota intorno. 
O almeno ci prova. Qui vi è la sede della società proprietaria della miniera che ha avuto l'incidente, perciò vuole tentare di vendicarsi con un attentato terroristico si direbbe oggi. Milano è la capitale di molte imprese anche culturali molto organizzate perciò per guadagnarsi da vivere nel frattempo sfrutterà il suo talento letterario nelle redazioni e nelle segreterie redazionali.




Ma la grande città è come un freddo meccanismo che genera confusione senza ideali e senza emozioni, che deviano il narratore dalle sue idee originali vendicative, divenendo anch'esso parte dell'ingranaggio che segue il flusso dei suoi abitanti. L'unica cosa che lo salva è la sua ironia tagliente e anarchica che nella sua solitudine contempla il suo male di vivere disprezzando il mondo che lo circonda e tenendo alta la sua dignità.




Luciano Bianciardi

Come Bianciardi il narratore è un libero professionista senza avere contributi sociali da parte di chi lo assume perché all'epoca non erano obbligatori. Consuma i suoi magri pasti in piccoli ristoranti a seconda dei prezzi e chiedendo le mezze porzioni; va al bar a guardare la tv perché non può permettersela, viene pagato solo se lavora, altrimenti salterebbe i pasti. 

Già sposato con Mara lasciata al paese con un figlio, incontra Anna molto diversa dalla moglie e se ne innamora perdutamente. Per mantenerle tutti e due il protagonista fa traduzioni letterarie, lavorando dalla mattina alla sera duramente, come nella realtà faceva Bianciardi.

... poi per loro era preferibile dar lavoro così, a cottimo, senza pagarci sopra oneri sociali, mutue, previdenze e altre marchette, senza rimetterci né la carta, né l'usura della macchina, dei nastri, dei tavoli, nemmeno il caldo.




La vita agra (Feltrinelli) fa parte delle cosiddetta trilogia della rabbia, che comprende Il lavoro culturale (1957) e L’integrazione (1960) una rabbia contro il mondo della cultura, contro Milano stessa, contro la riduzione della vita sociale, politica, culturale ai soli principi economici considerati rilevanti su tutti gli aspetti della vita umana e quello che in seguito si sarebbe chiamato il “terziario avanzato” (o il “quartario” come scrive l'autore nel libro) ovvero il consumismo e l’egoismo dei piccoli "impiegatucci" , perciò questo romanzo è più uno sviluppo completo dei precedenti, abbozzati fra amarezze di tragiche delusioni con una stravagante ironia che cela il dolore delle speranze perdute. 

Il suo dono narrativo appare sicuro evitando pericoli intimamente legati alla polemica sociale e al sentimentalismo con un comportamento agrodolce di un astuto cantastorie.

Bianciardi aveva intuito tutto già all'epoca con il consumismo, il precariato dei lavoratori, la disgregazione dei legami familiari. 

Sulle masse impiegatizie ci parla di una tecnica aziendale di "marcamento", utilizzata per far carriera :
Ho conosciuto una segretaria che sapeva soltanto leccare le buste e i francobolli, eppure diventò indispensabile, perché fece in modo che il pensamento e la stesura delle lettere diventassero attività sussidiarie del leccamento suo . 




Sul lavoro precario del narratore-traduttore controllato da parte di un’impiegata-redattrice con posto di lavoro fisso scrive :
- Benedetto figliolo- mi disse. - Ma perché non ha seguito i miei consigli? Le avevo detto, no? Fedeltà al testo. E guardi qua. Dove siamo, dunque?- Sfogliava le mie cartelle tutte corrette a lapis. - Lei mi traduce: Sotto ragazzi, eccetera. Ora guardi il testo inglese. Dice… - Il testo dice: Come on boys. Capisce? Lei mi ha invertito il significato. Come on boys vuol dire venite su ragazzi, e così bisogna tradurre. Lei mi mette l'opposto, cioè non su, ma sotto -.

Le sue riflessioni critiche sul miracolo italiano si accentuano nell'episodio del barbone:
Un ubriaco muore di sabato battendo la testa sul marciapiede e la gente che passa appena si scansa per non pestarlo. Il tuo prossimo ti cerca soltanto se e fino a quando hai qualcosa da pagare. Suonano alla porta e già sai che sono lì per chiedere, per togliere. Il padrone ti butta via a calci nel culo, e questo è giusto, va bene, perché i padroni sono così, devono essere così; ma poi vedi quelli come te ridursi a gusci opachi, farsi fretta per scordare, pensare soltanto meno male che non è toccato a me, e teniamoci alla larga perché questo ormai puzza di cadavere.

Nonostante il protagonista cerchi con disperazione di mantenersi estraneo a questa realtà per comprendere la vera ragione della venuta a Milano, la vendetta contro l’industria mineraria, le sue motivazioni si modificano attraverso le esigenze per poter afferrare le opportunità, economiche ed esistenziali, che la città offre. 

E’ il disfacimento di un ideale, una profonda rassegnazione che si estingue dentro; l’anarchico determinato e pieno di entusiasmo, viene stretto dai tentacoli di quel sistema che egli stesso voleva demolire.

Il romanzo affronta il tema dell'alienazione e della disillusione dei giovani degli anni '50, costretti a una vita priva di senso e di prospettive. La scrittura di Bianciardi è caratterizzata molto da un linguaggio colloquiale e ironico che descrive con precisione e lucidità la realtà dell'Italia dell'epoca.

L'autore analizza anche le differenze sociali e di classe presenti nella società italiana, mostrando la lotta tra i ceti meno abbienti e le élite economiche, mostrando con una certa amarezza e  spietatezza la realtà del paese del dopoguerra. 


Il libro uscì nel 1962 decretando all'autore un enorme successo, notorietà che si ampliò nella riduzione cinematografica del film La vita agra di Carlo Lizzani nel 1964 con Ugo Tognazzi protagonista e lo stesso autore in un piccolo cameo. 

A leggerlo oggi appare molto attuale anche se parecchie cose sono cambiate, ma il precariato che racconta con ironia Bianciardi è sempre presente anche nelle case editrici di oggi.





L'editore Il Saggiatore ne  Il cattivo profeta  ripropone in un unico volume tutti i romanzi, i saggi, i racconti e i diari, le molte vite di un irregolare entrato nel canone; dagli anni giovanili dell'impegno nella natia Grosseto - da cui nacquero il libro-inchiesta I minatori della Maremma e il primo romanzo Il lavoro culturale - al trasferimento a Milano; dal racconto del lato oscuro dell'industria editoriale nell'integrazione al capolavoro La vita agra, in cui confluirono tutta l'alienazione del periodo trascorso nel capoluogo lombardo.

Mentre se siete incuriositi dalla figura di Luciano Bianciardi vi consiglio la lettura della scorrevole biografia di Pino Corrias  Vita agra di un anarchico. Luciano Bianciardi a Milano, (Feltrinelli) che ricostruisce alcuni fatti salienti della sua vita privata e letteraria.






Inoltre da consigliare:

Non leggete i libri, fateveli raccontare

Non leggete i libri, fateveli raccontare è un piccolo, provocatorio e irriverente capolavoro: a cinquant’anni di distanza, in un’epoca in cui la superficialità sembra ormai l’unica via sicura per il successo, riscoprire Bianciardi è un modo per ridere con intelligenza di quello che in fondo siamo sempre stati, ben prima dei social network. «Questo manuale in sei stanze e in sei risate è un pezzo di bravura, declinato in un presente che ancora ci riguarda». Pino Corrias












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  • I libri 

La vita agra di Luciano Bianciardi, Feltrinelli
Il cattivo profeta, il Saggiatore 2018
Vita agra di un anarchico. Luciano Bianciardi a Milano di Pino Corrias, Feltrinelli









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